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RIFORMA CARTABIA E GIUSTIZIA RIPARATIVA L'Avvocato risponde 

RIFORMA CARTABIA E GIUSTIZIA RIPARATIVA

È notizia di qualche giorno fa nella cronaca nazionale, quella di una rom, autrice di una rapina in una gioielleria che, grazie al fatto di aver restituito la refurtiva e con l’avallo del derubato, non è andata nemmeno a processo per il reato commesso.

La cosa può far storcere il naso a qualche purista della “Giustizia Classica”, ma altro non rappresenta se non l’applicazione della disciplina organica della “Giustizia Riparativa”, in attuazione della Legge 134/2021.
Abbandonata, quindi, l’idea di “Giustizia Punitiva” ed avviato questo fantascientifico processo di una normativa, basata essenzialmente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro.
Realtà, in vero, già presente in forma sperimentale nel nostro ordinamento, e che trova ora l’applicazione operativa di un sistema tripolare.
Non esiste quindi più solo lo Stato che punisce e l’autore del reato che subisce una pena: compare, come elemento attivo, anche la vittima, a dare un impulso risolutivo, se d’accordo con il “malfattore”. Percorso parallelo, dunque, volto alla composizione di un conflitto giuridico: non una “Giustizia Alternativa o Sussidiaria”, ma azione svolta dallo Stato, tesa a promuovere la pacificazione sociale.
In questo nuovo percorso, anche il giudice assume un ruolo completamente diverso e mutato, rispetto a quello attuato fino ad oggi.
In buona sostanza, non è più figura che si mette al di sopra delle parti protagoniste di una disputa, ma in mezzo ad esse: non si limita più, quindi, ad assolvere o condannare e, pur non perdendo la sua neutralità, le accompagna in un difficile percorso, teso ad una ricomposizione.
Riqualificato, in maniera totale, sia il senso di “Giustizia Processuale” che quello della sua finalità principale, tenuto lontano dall’idea di pene da scontare.

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