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DRESS – CODE DEI LAVORATORI: DIRITTI E DOVERI L'Avvocato risponde 

DRESS – CODE DEI LAVORATORI: DIRITTI E DOVERI

Prendiamo spunto dalla circolare emanata dalla Asl Salerno, in riferimento ai “suggerimenti” elargiti ai propri dipendenti ed inerenti le modalità di abbigliamento, ritenute consone in ambiente di lavoro.
Indubbiamente detta circolare rischia di innescare un vespaio di reazioni da parte dei singoli: di fatto è riferita esclusivamente a parametri legati a criteri di decenza, e non a motivazioni di carattere professionale.
In buona dostanza, vengono messe alla gogna essenzialmente le minigonne, i camici particolarmente corti e l’uso dei tacchi a spillo, (coadiuvanti per l’aspetto di gambe slanciate, ma certamente non consoni per chi deve avere facilità di spostamento).

L’argomento ha sollecitato la curiosità professionale dello Studio Legale Labonia, i riferimento a diritti ed obblighi dei pubblici dipendenti.

In effetti la nostra normativa prevede che l’abbigliamento da indossare sul posto di lavoro, non sempre può essere oggetto di libera scelta personale, dovendo rispettare canoni definiti dal datore di lavoro: il più delle volte finalizzati a proteggere salute ed incolumità. Ormai da molti anni l’abbigliamento dei lavoratori è diventato “affare della legislazione”, e sempre più frequenti sono le disposizioni, atte ad indicare precise norme da seguire.
La finalità principale è indubbiamente quella di indurre i dipendenti ad indossare abiti idonei all’identità dell’azienda.
La Circolare del Ministero del Lavoro, n. 34/1999, indica le situazioni in cui è importante indossare una tenuta consona e che sono riferite, ovviamente, agli aspetti riguardanti la sicurezza e la salute, oltre che alla prevenzione dell’usura degli abiti indossati, ma sempre nel rispetto della identità aziendale.
Spesso, nei contratti di lavoro, è indicato l’obbligo di rispettare uno specifico dress – code, ex disposizioni del Decreto Legge 81/2008, che indica criteri di adeguatezza.

Ma può il datore di lavoro imporre dei canoni di abbigliamento, o ciò potrebbe configurare un comportamento discriminatorio?

Avendo già chiarito gli obblighi dovuti al rispetto della sicurezza e della salute, cosa diversa è la volontà dell’azienda di connotare un proprio specifico “brand”.

Qui interviene la sociologia del lavoro, che configura una spersonalizzazione del dipendente, creando un vincolo di identificazione riferito a scelte personali: tale vincolo non dovrebbe mai rispondere a criteri generalizzati.

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