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LAVORO NERO E CONSEGUENZE PER DATORI E LAVORATORI L'Avvocato risponde 

LAVORO NERO E CONSEGUENZE PER DATORI E LAVORATORI

Negli ultimi giorni, dalle pagine della cronaca del nostro giornale, sono emerse notizie riguardanti maxi-multe attuate nei confronti di gestori di locali pubblici, che fruivano del “lavoro a nero” di dipendenti, senza che gli stessi fossero messi in regola dal punto di vista amministrativo e sanitario: parliamo di sanzioni che hanno raggiunto addirittura gli €70.000 di esborso, con conseguenze inevitabili anche sul prosieguo dell’attività imprenditoriale.
Quando viene accertata dalle Forze dell’Ordine la sussistenza di rapporti di lavoro irregolari, si innescano risvolti sul piano civile, fiscale e penale, in danno di entrambe le figure coinvolte.
Il Decreto Legge 151/2015 ha assunto tipologie di sanzioni non più legate alle singole giornate lavorative, ma commisurate alla durata della violazione commessa. In buona sostanza, l’imprenditore che impieghi personale privo di contratto, rischia realmente di porre fine alla propria attività, anche in virtù degli aumenti punitivi successivi alla Legge di Bilancio.

Quando poi vengano impiegati lavoratori extra comunitari privi di permesso di soggiorno, l’imprenditore incorre anche in sanzioni penali, come ci conferma l’avvocato Simone Labonia.

Detto comportamento viola l’art. 22 del Testo Unico sulla Disciplina dell’Immigrazione, ed è prevista una pena che va dai 6 mesi ai 3 anni di reclusione, oltre l’applicazione di una multa. Ulteriori sanzioni amministrative comminate, riguardano la mancata consegna di busta paga o l’omessa registrazione della stessa. Normalmente il dipendente a nero è considerato la parte debole del rapporto e, solitamente, non rischia alcun tipo di sanzione.

Esso può ottenere, anzi, il vantaggio di vedere regolarizzata la propria posizione lavorativa, come spesso è stato ottenuto dall’attività dello Studio Legale Labonia.

Però, in virtù della Jobs Act e delle riforme da essa apportate, il lavoratore risponde in proprio, se abbia dichiarato alle autorità il proprio “status di disoccupazione”, al fine di percepire le relative indennità.
Il rischio è quello di una condanna per “falso ideologico commesso da privato in atto pubblico”, ex art. 483 Codice Penale, per cui è prevista la reclusione fino a 2 anni.
Inoltre, se ha percepito somme da ammortizzatori sociali, il lavoratore risponde del reato di indebita percezione di contributi in danno dello Stato, ex art. 316 Codice Penale, con pena prevista fino a 3 anni di carcere.

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