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DETENZIONE PENITENZIARIA. NORMATIVA L'Avvocato risponde 

DETENZIONE PENITENZIARIA. NORMATIVA

Recentissima è la notizia, pubblicata dal nostro giornale, in riferimento al gesto inconsulto attuato da un recluso nelle Carceri di Fuorni che, barricatosi nella sua cella, ha dato fuoco alle suppellettili, avviando un incendio che ha provocato l’intossicazione di vari agenti di custodia.
Sentiamo il dovere di scrivere questo articolo, a seguito di numerose sollecitazioni ricevute, essenzialmente per trasmettere la nostra vicinanza morale a tutti gli agenti della Polizia Penitenziaria che, quotidianamente, svolgono un’attività delicata, stressante e pericolosa, con ritorni economici che non sono certamente commisurati al grosso impegno che devono profondere nella loro azione di vigilanza.
È giustissima l’attenzione che viene posta per garantire i diritti dei detenuti, nei più piccoli dettagli operativi, ma pari solerzia deve essere adoperata per garantire anche la sicurezza, l’incolumità ed il giusto riconoscimento per chi, all’interno degli istituti di pena, svolge attività difficile e meritoria. Le norme che regolano la vita nelle nostre carceri, sono quelle dettate dalla Legge 354/1975, su cui facciamo una rapida carrellata, per dare un quadro, il più possibile chiaro, a chi ci legge.
Come abbiamo anticipato, l’ottica del legislatore è stata quella di proteggere al massimo i diritti dei reclusi, che non sempre, però, sono realmente i soggetti deboli del sistema.
Le regole di base indicano, per i detenuti, il diritto di ricevere biancheria, vestiario e corredo da letto e la possibilità di fare la doccia e fruire di un periodico servizio di barbiere.
L’articolo 21 del Codice Penale prevede che l’Amministrazione Penitenziaria debba attuare tutte le iniziative per assicurare, a detenuti ed internati, lo svolgimento di un lavoro quanto più rispondente alle condizioni ambientali e dei soggetti, con un’organizzazione sia interna che esterna.
La norma vigente prescrive che il trattamento penitenziario debba essere sempre conforme ai dettami di umanità e dignità della persona, con assoluta imparzialità e senza discriminazioni di alcun genere.
Le garanzie sull’attuazione di dette linee guida, ricade direttamente nella responsabilità del Ministero della Giustizia.
Con la nuova riforma Cartabbia, scompaiono dal nostro ordinamento le fattispecie della “semidetenzione” e della “libertà controllata”, lasciando spazio alla “semilibertà” ed alla “detenzione domiciliare sostitutiva” (fino a 4 anni di pena), o al “lavoro di pubblica utilità sostitutivo”, (fino a 3 anni di pena).
Il problema del sovraffollamento delle carceri è quanto mai vivo e, gli sforzi del legislatore, devono essere sempre più indirizzati all’attuazione di pene alternative, tali da decongestionare la difficile sopravvivenza all’interno degli istituti di pena: nell’interesse dei reclusi ma anche, ci sia concesso, di chi svolge delicata attività di custodia.

Per maggiori informazioni è possibile richiedere la consulenza specifica dei legali dello Studio Legale Labonia.

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