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TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA ED AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI L'Avvocato risponde 

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA ED AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI

Le cronache giudiziarie di tutti i giorni, hanno reso edotti anche i non addetti ai lavori giuridici, sulle svariate procedure che favoriscono il percorso di recupero dei detenuti: a volte ritenute eccessivamente permissive da parte dei più, che auspicherebbero, al contrario, una maggiore severità nella gestione dello “scontare la pena”.
Tra le varie ipotesi vi è “l’affidamento in prova ai servizi sociali”, per soggetti a cui rimane un residuo di pena.

Tale provvedimento presuppone che, attraverso un percorso rieducativo, sia stato evidenziato un processo critico del reo, che lo abbia ricondotto a prospettive di vita socialmente accettabili.

L’organo preposto deve emettere un giudizio di idoneità, in riferimento al livello dei progressi ottenuti durante la detenzione e, tale valutazione, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito: deve essere sorretta da valide motivazioni, che rispondano a canoni logici e riscontrabili.
In buona dostanza, il Tribunale di Sorveglianza è tenuto a valutare una serie di comportamenti: il tipo di reato commesso, i precedenti penali e le indagini di Polizia, sia sulla condotta carceraria che sulla situazione socio-familiare del detenuto.
Ovviamente è basilare, da parte dello stesso, un ripudio delle passate condotte criminali e la manifestazione di un desiderio di risocializzazione.

Insieme all’avvocato Simone Labonia, osserviamo quanto sia delicata e difficile l’opera del Tribunale di Sorveglianza, che deve evincere dallo studio degli atti, la reale presenza di progressi significativi, che autorizzino ad un trattamento penitenziario più permissivo.

Ovviamente, laddove giungano pareri negativi sulla concessione del beneficio, scattano in automatico ricorsi, che tendono a dimostrare l’inadeguatezza delle argomentazioni poste alla base di un diniego, con invito ad un maggior approfondimento di elementi trascurati, in sede di legittimità.

La valutazione di merito del Tribunale di Sorveglianza, quindi, non deve fare emergere alcun vizio motivazionale o di contrasto con le indicazioni normative, nel negare l’accesso ai benefici “extra-murari”.

La motivazione, come spesso sancito anche dalla Corte Suprema, è “precondizione e parte integrante” di un giusto processo logico ed argomentativo dei giudici, che deve portare il ricorrente a non dover attuare solo un atto di “fede della Giustizia”, bensì lo deve porre nella condizione di diventare parte integrante di essa.

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