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LUDOPATIA ED ALCOLISMO NON BASTANO PER CONFIGURARE I “REATI CONTINUATI”! L'Avvocato risponde 

LUDOPATIA ED ALCOLISMO NON BASTANO PER CONFIGURARE I “REATI CONTINUATI”!

Oggi vogliamo far scendere i lettori di questa rubrica, in un aspetto più tecnico ed informativo delle norme che regolano lo svolgimento del processo penale.
Molte volte sentiamo parlare di classificazioni giuridiche, senza conoscerne la reale valenza o le conseguenze che derivino dalla loro applicazione.

Insieme all’avvocato Simone Labonia ed allo staff che si interessa degli aspetti penalistici del suo studio, approfondiamo i significati del termine “continuazione tra reati”.

Per rendere la cosa più comprensibile anche ai non tecnici di materie giuridiche, precisiamo che tale fattispecie è riferita a situazioni in cui, una stessa persona, riceva più condanne in processi diversi, relative ad una stessa linea criminale.
L’applicazione dell’art. 671 Codice Procedura Penale, consente al Giudice dell’Esecuzione, se richiesto, di riunire tali gravami in un unico calderone: tale applicazione normativa consente al condannato di scontare una pena Inferiore, di quanto succederebbe se dovesse rispondere dei singoli reati, puniti nei vari procedimenti.

Di recente però la Corte di Cassazione, con due distinte sentenze la 42877/2023 e la 42890/2023, ha negato la possibilità di concedere detto beneficio al reo, in riferimento all’ipotesi di riconoscimento di “continuazione di reato”, seppur alla presenza di due ipotetici fattori di unificazione: ludopatia ed alcolismo.
Compito del G.E. è quello di desumere elementi che denotino l’esistenza di un medesimo disegno criminoso: la stessa spinta a delinquere, un breve lasso temporale tra i diversi episodi, analogie tra reati e modus operandi.
Pertanto, non è sufficiente la dimostrazione di tali dipendenze, in quanto non viene riconosciuta, al momento, alcuna assimilazione tra ludopatia ed alcolismo, con altre forme di sottomissione psicologica, che possono avere rilevanza in tema di continuazione dei reati: come ad esempio la tossicodipendenza.
La giurisprudenza costante non riconosce tale assimilazione in quanto, pur producendo entrambe una schiavitù di vita, le radici dei ludopatici e degli alcolisti, sono simili a quelle dei tobagisti e dei cleptomani, non presentando aspetti di danno sociale comparabili alla dipendenza da droghe.
Ad essa, la norma, ha voluto concedere maggiori livelli assistenziali.

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