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L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO CHE ABUSAVA DEI PROPRI ALUNNI L'Avvocato risponde 

L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO CHE ABUSAVA DEI PROPRI ALUNNI

Commentiamo con l’avvocato Simone Labonia la notizia in merito all’arresto di una quarantenne insenante, a seguito dei suoi comportamenti riprovevoli.

La legislazione italiana prevede una rigorosa tutela dei minori, con particolare attenzione ai reati sessuali, per garantire il rispetto della loro dignità, integrità e sviluppo psicofisico. L’induzione ad atti sessuali a danno di minori di 14 anni è disciplinata dall’articolo 609-quater del Codice Penale, il quale sancisce la punibilità di chiunque compia atti sessuali con un minore di tale età, anche se consenziente, considerando che il consenso è giuridicamente irrilevante.

Tale normativa punisce chi induce o costringe un minore di 14 anni a compiere o subire atti sessuali, con una pena che varia dai 6 ai 12 anni di reclusione, con un aggravamento della pena quando il reato è commesso
da un ascendente, genitore (anche adottivo), tutore o altra persona cui il minore sia stato affidato per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia; da chi abusa della propria posizione di autorità o influenza sul minore, incluso chi esercita un’attività dotata di credibilità professionale (come insegnanti, educatori, allenatori o religiosi);
con violenza o minacce, in modo tale da cagionare un danno psicologico grave o duraturo alla vittima.

Il legislatore considera particolarmente vulnerabili i minori di 14 anni, ritenendo che non abbiano la maturità necessaria per compiere scelte consapevoli in ambito sessuale. La specifica tutela è volta a evitare che soggetti adulti possano sfruttare l’ingenuità o la fiducia del minore per soddisfare impulsi personali.

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che la protezione dei minori è assoluta, e che non rileva il consenso o l’eventuale assenza di violenza fisica. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che l’abuso di posizione professionale costituisce un’aggravante determinante: il fatto che un adulto utilizzi il suo prestigio o autorità per indurre il minore a subire atti sessuali comporta un tradimento della fiducia sociale e familiare, aggravando il reato.

La Suprema Corte ha stabilito che anche atteggiamenti apparentemente non coercitivi possono configurare il reato qualora il minore venga manipolato psicologicamente. Inoltre, ha sottolineato che il concetto di “atti sessuali” è ampio e comprende ogni condotta che comprometta la libertà sessuale del minore.

La normativa italiana e le pronunce della Cassazione rafforzano il principio, confermando che ogni azione che mina l’integrità e lo sviluppo del minore, non solo è moralmente inaccettabile ma anche penalmente perseguibile.







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