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La sera dell’11 maggio 1960 il blitz del Mossad a pochi chilometri da Buenos Aires per catturare il burocrate nazista Attualità 

La sera dell’11 maggio 1960 il blitz del Mossad a pochi chilometri da Buenos Aires per catturare il burocrate nazista

Era la sera dell’11 maggio del 1960, 61 anni fa, quando  un piccolo gruppo di uomini attendeva nervosamente a bordo di un’automobile parcheggiata lungo calle Garibaldi, una strada isolata a circa venti chilometri da Buenos Aires. Un uomo di circa una cinquantina d’anni, calvo e con un paio di caratteristiche orecchie a punta, scese a una fermata dell’autobus poco lontana, quattro uomini uscirono dall’automobile cercando di dissimulare la loro eccitazione. Lentamente si avvicinarono alle spalle dell’uomo e uno di loro attirò la sua attenzione: «Un momentito, señor». Erano le uniche due parole che conosceva in spagnolo. L’uomo si voltò e prima che potesse rispondere venne immobilizzato al suolo e caricato nell’automobile.

I quattro uomini erano agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, arrivati in Argentina per una missione segreta autorizzata direttamente dal primo ministro David Ben-Gurion. L’uomo che avevano catturato, e che identificarono con certezza all’interno dell’auto grazie a una cicatrice sopra il suo occhio sinistro, era Adolf Eichmann, il burocrate dell’Olocausto, uno dei più importanti criminali di guerra nazisti sfuggiti alla cattura. Dieci giorni dopo Eichmann venne trasportato segretamente in Israele. Il suo processo, terminato con una condanna a morte, è diventato uno dei più celebri del secolo, oltre che un momento fondante nella storia di Israele.

La cattura di Adolf Eichmann, avvenuta esattamente 60 anni fa, viene ricordata ancora oggi come una delle più audaci e fortunate operazioni compiute dai servizi segreti di qualsiasi paese nel Dopoguerra. Per Israele, una nazione fondata da rifugiati ed esuli ebrei, molti dei quali avevano conosciuto personalmente o tramite le loro famiglie lo sterminio nazista, rappresentò uno storico riscatto nazionale. Molti di loro raccontarono di aver pianto quando il primo ministro David Ben Gurion annunciò alla radio la sua cattura.

Eichmann era divenuto uno dei più ricercati tra i criminali nazisti dopo la fine della guerra, quando divenne chiaro il ruolo che aveva avuto nello sterminio degli ebrei grazie alle numerose testimonianze di dirigenti e funzionari del partito nazista, rese nel corso dei processi di Norimberga del 1945-46. Rudolf Höss, comandante del campo di Auschwitz, per esempio, raccontò che il capo delle SS, Heinrich Himmler (morto suicida poco prima dell’inizio del processo), lo aveva messo agli ordini di Eichmann per quanto riguardava tutte le disposizioni tecniche e logistiche sullo sterminio degli ebrei.

Fino a quel momento erano in pochi a conoscere Eichmann. La sua carriera prima della guerra, e una volta entrato nel partito nazista, non era stata particolarmente brillante. Eichmann non era, come Hermann Göring o lo stesso Himmler, uno dei principali leader della Germania nazista; non faceva parte del circolo ristretto di Adolf Hitler e non era una figura celebrata dalla propaganda di regime, come il suo collega Reinhard Heydrich, ideatore dello sterminio degli ebrei, così famigerato da essere ucciso nel 1942 durante un agguato organizzato da un gruppo di partigiani cecoslovacchi.

Il suo grado era di semplice Obersturmbannführer, tenente colonnello, e la sua principale occupazione fu quella di organizzatore e di burocrate. Ma nel partito nazista, burocrazia e organizzazione significava avere a che fare con la persecuzione degli ebrei. Fu di questo che Eichmann si occupò costantemente fin dal 1938, quando venne incaricato dell’espulsione degli ebrei dall’Austria, appena annessa alla Germania nazista. E fu grazie a quella che i leader nazisti giudicarono una certa capacità organizzativa che la sua carriera subì un’accelerazione.

Quando il 20 gennaio del 1942 i leader nazisti si incontrarono per discutere i dettagli dello sterminio sistematico di tutti gli ebrei rimasti in Europa a Wansee, un sobborgo a sud-ovest di Berlino, Eichmann fornì al suo superiore Heydrich una lista con le stime del numero di ebrei presenti in ciascun paese europeo, supervisionò il lavoro dello stenografo e si occupò di distribuire il resoconto della riunione a tutti i partecipanti. La sua diligenza venne premiata con l’incarico di coordinatore di tutti i vari dipartimenti coinvolti nella realizzazione pratica dell’Olocausto.

Il suo ruolo di burocrate senza fantasia, la sua debole difesa nel corso del processo e l’apparente normalità della sua vita spinsero la storica e filosofa Hannah Arendt a coniare per lui la definizione di “banalità del male”. Eichmann, scrisse Arendt, non era un sociopatico né un fanatico animato da un odio viscerale per gli ebrei. Piuttosto era un uomo di modesta intelligenza, insicuro e ansioso di avere un ruolo nel mondo e una posizione di prestigio. Quando la raggiunse all’interno del partito nazista, gli fu facile mettere da parte la sua coscienza per attuare le peggiori atrocità che gli venivano richieste e che, sostenne lui stesso nel corso del processo, dal suo punto di vista non erano altro che ordini a cui lui era tenuto a obbedire.

Alla fine della guerra Eichmann venne catturato dagli alleati, ma riuscì a fuggire prima che il suo ruolo nello sterminio degli ebrei divenisse chiaro e la sua sorveglianza rafforzata. Dopo aver vissuto alcuni anni in Germania, Eichmann fuggì in Argentina grazie all’aiuto di una rete di sacerdoti cattolici simpatizzanti del nazismo e fu successivamente raggiunto dalla sua famiglia. Trovò lavoro in uno stabilimento della Mercedes-Benz, iniziando come semplice operaio e diventando poi caporeparto. Viveva modestamente, in una casa che si era costruito da solo e che era poco più di una baracca di mattoni.

Eichmann adottò un nome falso, Ricardo Klement, ma a parte questo non fece molto per nascondersi. Frequentava più o meno apertamente la comunità dei fuggitivi nazisti scappati in Argentina e nel 1956 si fece intervistare da un giornalista tedesco filo-nazista che intendeva scrivere la sua biografia. Già nel 1953 il famoso cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal aveva scoperto che Eichmann si nascondeva da qualche parte in Argentina, e nuove prove e indizi continuarono ad arrivare negli anni successivi.

L’ultimo pezzo del puzzle necessario alla sua cattura arrivò ai servizi segreti israeliani nel 1957. In quel periodo il figlio di Eichmann, che si presentava con il suo vero nome, Klaus Eichmann, ed era solito vantarsi del passato nazista di suo padre, iniziò a frequentare la figlia di un ebreo tedesco sopravvissuto a Dachau, Lothar Hermann, anche lui rifugiato in Argentina. Hermann fece arrivare l’informazione a un giudice tedesco, che a sua volta la fece arrivare gli israeliani. Nel marzo del 1960 un agente israeliano fotografò Eichmann a Buenos Aires, e dopo un’attenta analisi i servizi segreti stabilirono che Ricardo Klement non poteva essere altri che Adolf Eichmann. La forma peculiare delle sue orecchie appuntite era l’ultimo indizio di cui avevano bisogno.

Il governo argentino in quegli anni aveva rifiutato più volte l’estradizione di criminali nazisti, così il governo israeliano decise di rapire Eichmann e processarlo in Israele. Una squadra di otto agenti venne inviata a Buenos Aires e l’11 maggio si preparò a catturarlo mentre tornava nella sua casa di calle Garibaldi dopo il lavoro. Quella sera la tensione tra gli agenti era molto alta, poiché Eichmann non era sceso dall’autobus dal quale lo aspettavano. Arrivò mezz’ora dopo, con quello successivo.

Dopo averlo catturato, gli agenti israeliani lo interrogarono per nove giorni in diversi nascondigli che avevano preparato. Eichmann non impiegò molto a rivelare chi fosse veramente e non oppose grande resistenza. Il suo peccato – scrisse Arendt, che assistette personalmente al suo processo – era l’orgoglio, e fornì una spiegazione alla prontezza con cui Eichmann ammise la sua identità e alle scarse cautele adottate durante la fuga: Eichmann preferiva morire da criminale internazionale che continuare a vivere nascondendosi.

Dopo dieci giorni di interrogatori, un aereo di una compagnia israeliana – sotto copertura di una missione diplomatica per partecipare ai festeggiamenti per il 150esimo anniversario dell’indipendenza argentina – arrivò a Buenos Aires. Eichmann, spacciato per un impiegato della compagnia aerea gravemente malato, venne caricato a bordo dopo essere stato pesantemente sedato. Poco dopo la mezzanotte del 20 maggio l’aereo decollò, e dopo una sosta a Dakar, in Senegal, arrivò in Israele la mattina del 22 maggio. Il pomeriggio del giorno successivo, il primo ministro Ben-Gurion annunciò la sua cattura al parlamento israeliano. Dopo un processo durato quasi due anni, Eichmann venne condannato a morte e impiccato il 2 giugno del 1962.

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