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IL 5 MARZO DEL 1943 LO SCIOPERO ALLA FIAT CHE SEGNA L’INIZIO DELLA FINE DELLA DITTATURA Attualità 

IL 5 MARZO DEL 1943 LO SCIOPERO ALLA FIAT CHE SEGNA L’INIZIO DELLA FINE DELLA DITTATURA

Accadde oggi: il 5 marzo 1943, 78b anni fa, lo sciopero in Fiat segna l’inizio dell fine della dittatura.
La polizia fascista era venuta infatti a sapere di uno sciopero che avrebbe dovuto scoccare quel giorno proprio al segnale della sirena, ma il pur tempestivo provvedimento si rivelerà ingenuo come tentare di tappare con un dito la falla in una diga: alle 10 in punto, anche senza sentire la sirena, come un sol uomo gli operai dell’officina 19 fermano le macchine, organizzano un corteo interno e in men che non si dica trascinano in sciopero l’intero stabilimento. Rivendicano il pagamento per tutti dell’indennità di sfollamento (192 ore di straordinario) e quella per il caro-vita, ma invocano anche la fine della guerra, gridando in faccia ai sorveglianti e alla milizia fascista che tentano di farli tornare al lavoro con le minacce: “Vogliamo vivere in pace”.
Questo episodio è la miccia che darà fuoco alla grande ribellione operaia in tutte le fabbriche del Nord, passato alla storia come gli scioperi del marzo 1943, che segnarono l’inizio della fine per la dittatura fascista di Mussolini e rappresentarono il primo, vero, eroico episodio della gloriosa Resistenza. Poche ore dopo gli operai di Mirafiori incrociano le braccia anche quelli della Rasetti e della Microtecnica, poi nel corso della giornata seguono la Fiat Grandi Motori, la Westinghouse, le Ferriere Piemontesi, la Fiat Lingotto.
Colte di sorpresa, direzioni aziendali e autorità fasciste tentano di reagire con l’abituale tattica del bastone e della carota: fioccano subito i primi arresti, insieme alle promesse padronali di aumenti salariali, ma non riescono ad arginare il divampare dell’incendio. Il lunedì successivo, anziché rientrare, gli scioperi contagiano nuove fabbriche, estendendosi ad Aeronautica, Fiat materiale ferroviario, Fiat ricambi, Fispa, Guinzio e Rossi, Tubi Metallici, Challier. Il martedì entrano in sciopero anche gli operai della Fimet, dell’Ambra, della Ceat, della Michelin, delle Concerie Fiorio, della Fast di Rivoli; e nel corso della settimana seguono via via Capiamianto, Frigt, Concerie Riunite, Fatis di Collegno, Lancia, Savigliano, Riv e altre.
Sono circa 100 mila gli operai torinesi scesi in lotta sfidando la repressione poliziesca fascista, i tribunali militari e i tribunali speciali fascisti. Per le leggi di guerra scioperare equivaleva infatti a tradimento. Nella sola prima settimana di sciopero sono ben 164 gli operai arrestati e processati, di cui tre fucilati subito dopo la sentenza. Quali furono le cause dello sciopero? Certamente la fame, i razionamenti, i salari decurtati, l’insopportabile militarizzazione del lavoro, con il supersfruttamento e la repressione delle minime ribellioni, ebbero la loro parte importante. Ma le cause principali furono politiche: in primo luogo l’insofferenza per l’opprimente regime fascista mussoliniano in vigore ormai da vent’anni, e l’ormai insopprimibile aspirazione della classe operaia a farla finita con la guerra e a ottenere la pace.

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