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Il 24 marzo 1999 un incendio sotto il Monte Bianco causò 39 morti Attualità 

Il 24 marzo 1999 un incendio sotto il Monte Bianco causò 39 morti

Accadde oggi: verso le 10.30 del 24 marzo di 25 anni fa il camionista belga Gilbert Degrave imboccò il tunnel del Monte Bianco dal versante francese: sul suo camion frigorifero trasportava un carico di margarina e farina. Alcuni testimoni riferirono in seguito di aver visto il Tir entrare nel tunnel già fumante. Alle 10.48, il mezzo prese improvvisamente fuoco come una torcia e costrinse l’autista a fermarsi dentro alla galleria, creando un ingorgo.

Pochi minuti dopo fu dato l’allarme, che fece chiudere gli ingressi del tunnel sia sul versante francese che su quello italiano. Anche i soccorsi partirono immediatamente, ma non riuscirono a impedire la morte di 39 persone, tutti autisti di diverse nazionalità europee, vittime delle fiamme, dell’alta temperatura che si scatenò immediatamente o della cortina di fumo acre che si propagò nella galleria e che i ventilatori non riuscirono a disperdere. Le fiamme furono spente solo dopo oltre due giorni di intervento dei vigili del fuoco italiani e francesi e degli addetti delle due società che gestivano il traforo.

Dopo questa terribile disgrazia, furono messi in discussione i meccanismi di videosorveglianza e di sicurezza della struttura, anche se nella circostanze dell’incidente la fatalità aveva giocato una parte importante. Gli 11 chilometri del tunnel che collega Courmayeur a Chamonix restarono chiusi per tre anni, e in seguito le strutture operative delle due aziende vennero accorpate e messe sotto il controllo e la direzione di una apposita commissione intergovernativa italo-francese.

Questi i fatti. In occasione del ventennale della tragedia è però lecito farsi una domanda: perché, nonostante gli importanti lavori di ripristino della galleria (la volta era molto deteriorata e doveva essere rifatta), i lavori durarono ben tre anni mentre gli esperti sostenevano che sarebbe bastato un anno e mezzo per ripristinare e riaprire il tunnel? Il motivo sta nelle inaspettate lungaggini per l’approvazione del progetto, che ritardò l’avvio dei lavori. I francesi, infatti, prima di dare il via ai lavori volevano discutere con l’Italia non solo il progetto di ripristino del traforo del Bianco, ma anche quale strategia adottare riguardo a tutti gli altri collegamenti transalpini.

In quegli anni, infatti, per tutelare l’arco alpino dall’inquinamento provocato dal traffico su gomma, la Svizzera aveva varato una tassa sul trasporto pesante e l’Austria aveva contingentato il numero di autorizzazioni al transito dei mezzi pesanti: decisioni prese nell’ottica di scoraggiare il traffico su gomma e potenziare il trasporto delle merci via ferro. La Francia mise il problema sul tavolo spiazzando il nostro paese, allora privo di una strategia per la sostenibilità dei trasporti. Ed è in questo quadro che i francesi posero con forza anche la questione del potenziamento ferroviario della linea Torino-Lione, allo scopo di ridurre il traffico stradale anche nel parallelo tunnel del Frejus (che nel 2005 fu teatro di un grave incidente in cui morirono due camionisti slovacchi, e restò chiuso due mesi).

Fino a quando non si fosse individuata una strategia comune sullo sviluppo del trasporto ferroviario, la tutela dell’ambiente, la riduzione dei tempi di percorrenza e la sicurezza stradale e ferroviaria, la commissione intergovernativa italo-francese era quindi decisa a non far partire i lavori di ripristino del traforo del Bianco. Dopo un lungo braccio di ferro, l’impasse fu superata con uno stratagemma: i tecnici italiani si fecero autorizzare un intervento marginale sul versante valdostano, e da lì diedero il via a un vero e proprio cantiere per “sbloccare” il tunnel, mettendo la commissione e il governo francese davanti al fatto compiuto.

La decisione sortì un effetto positivo nell’immediato, dando una risposta ai disagi dei valligiani dovuti alla chiusura del traforo, ma ebbe anche una ricaduta i cui effetti si vedono ancora oggi: rinviare sine die la discussione sull’assetto complessivo del sistema dei trasporti – sia su gomma che su ferro – al confine alpino tra Francia e Italia.

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