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Accadde oggi: l’11 agosto del 1953 l’Italia dice addio al “Figlio del vento” Tazio Nuvolari Cronaca 

Accadde oggi: l’11 agosto del 1953 l’Italia dice addio al “Figlio del vento” Tazio Nuvolari

Accadde oggi: si  spense l’8 agosto del 1953, a 61 anni, il motociclista e pilota a automobilistico Tazio Nuvolari. «Figlio del vento», «Mantovano volante», «Nivola», «Asso» sono soltanto alcuni dei soprannomi che gli sono stati assegnati negli anni. Sette volte campione italiano, conquistò cinque primati internazionali di velocità e nel 1935 stabilì il record dei 330,275 chilometri orari.

La sua carriera sportiva abbraccia un trentennio dal 1920 al 1950, con l’interruzione di oltre sei anni a causa del secondo conflitto mondiale. La carriera di quello che sarà ricordato dalla stampa e dagli appassionati con gli pseudonimi di“Mantovano volante” e di “Nivola”, fu tutt’altro che in discesa. Nei primi anni di corse Nuvolari dovette superare molte difficoltà e inseguire per lungo tempo quei successi che non volevano arrivare.

Nuvolari è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi piloti della storia dell’automobilismo mondiale ed è ancora oggi ricordato e ammirato per le sue molte e speciali qualità, nonché per le sue doti umane.

Figlio di Arturo, agricoltore benestante, e di Elisa Zorzi, il piccolo Tazio crebbe nel mito sportivo del padre e dello zio Giuseppe, entrambi valenti corridori ciclisti dell’epoca, celebri per aver dominato la riunione ciclistica internazionale di Nizza del 1893. In particolare, fu lo zio che lo iniziò al motorismo, facendogli guidare le sue motociclette fin da bambino.

Richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale fu impiegato come autiere nel Servizio Automobilistico dell’Esercito, in forza alla sezione Sanità della 22ª Divisione, inquadrata nella “invitta” Terza Armata agli ordini del Duca d’Aosta. Nel 1917 sposò Carolina Perina, dopo una classica fuitina e con una cerimonia civile; rito all’epoca inconsueto e considerato quasi scandaloso.

Nel 1920, all’età di 27 anni, chiese e ottenne la licenza di pilota di moto da corsa.[3] Molte biografie riportano la notizia del rilascio di tale licenza nel 1915. L’equivoco è dovuto al fatto che i cartellini stampati nel 1915 per i piloti dal Moto Club d’Italia furono riutilizzati dopo la parentesi bellica, semplicemente aggiornandoli con una correzione a mano.

La sua carriera cominciò con le motociclette e disputò la sua prima gara ufficiale il 20 giugno 1920 sul Circuito Internazionale Motoristico a Cremona, venendo però costretto al ritiro.[4] Contemporaneamente prese parte anche alle sue prime gare in automobile utilizzando la Ansaldo 4CS di famiglia e vinse la sua prima gara il 20 marzo 1921, imponendosi alla Coppa di Verona.[4] A causa però dei minori costi del motociclismo e del maggior numero di gare a disposizione, Nuvolari decise di dedicarsi soprattutto alle due ruote.[4] Nel 1922 prese parte a poche gare senza risultati di grande rilievo, ma lo stesso anno gli fu offerta la guida di una vettura dalla Scuderia Moschini di Mantova, una SCATcon motore Hispano-Suiza messa a punto da un giovane e sconosciuto meccanico, Amedeo Gordini, anch’esso destinato a diventare una leggenda del motorismo.[5]

L’anno seguente ottenne la vittoria in una gara di Busto Arsizio a bordo della sua Norton che gli valse il suo primo contratto da professionista, firmato con la Indian.[4] Nelle intenzioni della Nagas & Ray, l’importatore italiano, Nuvolari avrebbe dovuto fare da gregario ad Amedeo Ruggeri, pilota di punta della scuderia, ma il mantovano in più occasioni non rispettò gli ordini di squadra e a fine stagione, anche per la difficile convivenza con il compagno, non gli venne rinnovato il contratto.[4]

Grazie all’amicizia con Deo Chiribiri, pilota e comproprietario della Chiribiri, Tazio riuscì comunque a procurarsi immediatamente un volante.[4] Nel 1924, sul circuito del Tigullio, fu protagonista di una vittoria conquistata in maniera alquanto rocambolesca: Nuvolari condusse una gara estremamente tirata,[4] uscendo spesso di pista e fermandosi, in alcuni casi, a picco sul mare. A pochi chilometri dall’arrivo un distacco della ruota della sua Bianchi Tipo 18 lo fece cappottare in un fosso.[4] Il meccanico che era con lui a bordo rimase stordito e non aveva quindi modo di cercare di riparare la vettura, quindi Nuvolari chiede aiuto agli spettatori. Dopo averla sistemata alla meno peggio, ripartì e vinse la gara. Gli spettatori al traguardo assisterono dunque ad un epilogo imprevisto: il mantovano vinse la corsa su un’auto praticamente ormai sui cerchioni e senza seggiolino di guida né volante, sostituito da Nuvolari con una chiave inglese, col meccanico ancora svenuto al fianco.[6] A questo successo seguirono altre due affermazioni nella categoria 150cc nelle gare di Savio (occasione in cui conobbe Enzo Ferrari) e Polesine.

Al contempo riprese a gareggiare anche nel motociclismo utilizzando sempre la sua Norton e ottenne risultati strabilianti: a bordo di un mezzo da 500cc era in grado di rivaleggiare con piloti che disponevano di moto da 1000cc e riuscì ad affermarsi a Mantova e Cremona.[4] Queste prestazioni gli valsero le attenzioni di Gianfernando Tommaselli, all’epoca direttore generale della Bianchi, che decise di ingaggiarlo per le stagioni a venire.[4] Il binomio Bianchi-Nuvolari aprì quindi la strada al successo al pilota mantovano.[4]

L’ingaggio di Nuvolari era inizialmente previsto per sviluppare la nuova Bianchi “Freccia Celeste” di 350 cm³, con cui il mantovano avrebbe dovuto esordire al Giro motociclistico d’Italia. Nonostante alla prima tappa il pilota avesse fatto registrare il miglior tempo, problemi di vario tipo lo afflissero successivamente tanto che riuscì a imporsi solamente un’altra volta nella tratta Macerata-Treviso. Nonostante nelle corse seguenti i risultati continuassero a latitare, Nuvolari conquistò a bordo della sua Norton privata un’altra vittoria a Tortona. Gli fu infine rinnovato il contratto per il 1925, in cui avrebbe corso in esclusiva per la Bianchi.

La stagione seguente iniziò molto bene per Nuvolari, che si impose all’esordio sul Circuito Ostiense e inanellò una serie di confortanti risultati, tra cui il quarto posto a Perugia in cui si mise in luce con una furiosa rimonta nei confronti dei leader della gara dopo essere stato attardato dalla rottura del serbatoio dell’olio. Vinse anche a Padova e sul Circuito del Lario nella classe 350 cm³, dopo un combattuto duello con il rivale Pietro Ghersi. A settembre vi era poi in programma il Gran Premio motociclistico delle Nazioni; mentre Nuvolari si trovava all’Autodromo di Monza per effettuare dei test in preparazione della corsa, l’Alfa Romeo aveva convocato diversi piloti perché cercava il sostituto diAntonio Ascari, deceduto durante il Gran Premio di Francia. Al termine delle prove in moto, Nuvolari chiese e ottenne di provare la vettura: dopo aver eguagliato il tempo fatto registrare da Ascari sul tracciato l’anno precedente, il mantovano uscì di strada ribaltandosi in una scarpata. Immediatamente soccorso venne trasportato in ospedale dove gli vennero diagnosticate alcune costole incrinate, diverse contusioni e lacerazioni dovute al fil di ferro su cui il pilota era atterrato. Fortemente determinato a correre comunque il Gran Premio motociclistico in programma la settimana successiva, contro il parere dei medici, Nuvolari si fece dimettere e ottenne dalla direzione di gara di farsi ammettere alla corsa partendo in ultima fila. Dopo essersi fatto ricoprire di fasciature e aiutare dai meccanici a salire in moto, visto che a stento si reggeva in piedi, il mantovano riuscì a vincere la gara sfruttando la sua abilità sul bagnato e laureandosi campione d’Europa nella classe 350. Gli venne quindi rinnovato il contratto anche per l’anno successivo, ma Tommaselli fece inserire una clausola che impediva a Nuvolari di partecipare alle competizioni automobilistiche pena la risoluzione del rapporto.

Il 1926 iniziò però in maniera difficile, in quanto i collaudi della nuova moto procedono a rilento, e l’unico risultato di un certo prestigio fu la vittoria nella sua classe al Gran Premio di Roma, in cui sfiorò anche il successo assoluto arrivando secondo dietro a Ghersi, che però disponeva di una moto più potente. Lo stesso anno fu anche protagonista di un brutto incidente sul Circuito di Solitude e in Italia rimbalzò la voce della sua morte, cosicché la Bianchi mandò Sirtori come emissario in Germania per verificare la situazione; Nuvolari in realtà era stato dimesso dall’ospedale e stava tornando in patria quando venne intercettato nella stazione di Stoccarda. L’incidente lasciò però alcuni strascichi che lo costrinsero a saltare il Tourist Trophy, con grande rammarico del pilota. Anche le gare seguenti non gli riservarono grandi fortune, fino alla corsa del Lario, a partire dalla quale riportò quattro vittorie consecutive di categoria che gli permisero di laurearsi Campione Italiano Assoluto.

Nonostante l’enorme popolarità conseguita nel mondo delle due ruote e il soprannome di Campionissimo che gli venne attribuito in quel periodo, Nuvolari era sempre più attratto dalle corse automobilistiche e nel corso del 1927 si preparava a rompere l’esclusiva che lo legava alla Bianchi. Già a marzo infatti nacquero i primi screzi con Tommaselli per la partecipazione del mantovano alla Mille miglia; Nuvolari si era infatti accordato per disputare la gara su una Chiribiri, ma di fronte all’opposizione della squadra dovette scendere a compromessi e corse alla guida di una Bianchi Tipo 20 cogliendo il quinto posto. Al contempo continuava comunque a gareggiare in motocicletta, imponendosi a Lugo e Macerata. Al fine di alternare le corse in auto a quelle in moto Nuvolari acquistò una Bugatti T35C, facendo il suo esordio con la vettura alla Coppa della Perugina, da lui conclusa al terzo posto nonostante uno strappo alla schiena. Pochi giorni più tardi era in programma una corsa motociclistica a Verona e, pur di non rinunciarvi, il mantovano si fece fare un’iniezione di morfina per attenuare il dolore; anche se le sue condizioni fisiche non risultavano quindi ottimali, riuscì comunque a vincere la gara battendo piloti che disponevano di mezzi con cilindrata superiore. Il 12 giugno ottenne poi un prestigioso successo al Reale Premio di Roma, disputando una corsa regolarissima dopo essere passato in testa nelle prime battute di gara; per Nuvolari era la prima vittoria conquistata in un Gran Premio automobilistico di rilievo.[8] Lo stesso anno partecipò anche al Gran Premio d’Italia, riuscendo a superare le fasi eliminatorie, ma venendo costretto al ritiro durante la corsa. Entro la fine dell’anno si impose anche nella categoria 350 cm³ del Gran Premio motociclistico delle Nazioni.

Scuderia Nuvolari (1928-1929)

Nell’inverno del 1927, Nuvolari decise di creare una propria squadra automobilistica per disputare i vari Gran Premi: acquistò quindi quattro Bugatti, di cui due rimasero a sua disposizione e le altre vennero cedute all’amico rivale Achille Varzi, passato all’automobilismo dietro le insistenze del mantovano, e a Cesare Pastore. Per finanziarsi vendette un podere che avrebbe ereditato dal padre.

La stagione iniziò trionfalmente per Nuvolari, che si impose al debutto al Gran Premio di Tripoli conquistando il primo successo internazionale. Due settimane più tardi ottenne un’altra vittoria al Circuito del Pozzo a Verona: dopo aver superato il favorito Pietro Bordino al secondo passaggio, in una gara disputata in condizioni estreme, giunse primo al traguardo con una media di 115 km/h] Lo stesso anno partecipò anche alla Mille Miglia, in cui dominò il primo tratto di gara, ma a seguito di un aspro duello con Brilli-Peri fu costretto a rallentare fino a concludere sesto. Riportò anche altri successi in auto ad Alessandria e Messina e ottenne il secondo posto alla Coppa Montenero. Al Gran Premio d’Italia poi, guidando una monoposto sistemata alla meno peggio e che nelle prove aveva dimostrato una scarsa competitività, riuscì a concludere terzo tenendosi dietro concorrenti dotati di mezzi ben più potenti e la sua impresa fu esaltata dalla stampa nazionale. Al contempo continuava comunque le corse in moto, imponendosi per la terza volta consecutiva al Gran Premio delle Nazioni alla guida della sua Bianchi e ripetendosi al Circuito del Tigullio.

Frattanto Nuvolari si era reso conto di disporre ormai di un mezzo obsoleto che non gli avrebbe permesso di lottare per la vittoria. Al fine di trovare una macchina competitiva decise di ingaggiare un giovane ingegnere, Alberto Massimino, che aveva il compito di modificare la sua 35C per renderla più performante. La vettura, rinominata Bugatti-TN, si rivelò però disastrosa e Nuvolari decise quindi di correre le prime gare stagionali con la vecchia macchina. I risultati non furono confortanti e al Reale Premio di Roma l’inferiorità e la scarsa affidabilità del suo mezzo risultò ormai evidente. Il 1929 rappresentò quindi un anno molto difficile per il mantovano che trascurò la sua attività di pilota dedicandosi anche alla gestione di un concessionario. Nel frattempo Vittorio Jano gli offrì di guidare occasionalmente un’Alfa Romeo 6C 1750, con cui esordì al Gran Premio del Mugellodeludendo le aspettative, anche a causa della scarsa conoscenza del tracciato e dell’auto he settimane più tardi, però, era prevista una gara motociclistica sul Circuito del Lario e per Nuvolari rappresentava un’occasione notevole per procurarsi un contratto con una casa automobilistica di livello. Il mantovano, a bordo della solita Bianchi Freccia celeste, impose fin da subito un ritmo forsennato alla corsa e dopo quattro giri si era portato saldamente in testa superando anche i piloti che avevano mezzi di cilindrata superiore. Nonostante gli inviti dei dirigenti della sua squadra a gestire il vantaggio, Nuvolari continuò su medie elevatissime e una volta giunto al traguardo con un distacco molto ampio su Varzi, secondo classificato, venne portato in trionfo dal pubblico entusiasta. Questa vittoria gli fu utile per correre alcune gare con la Scuderia Materassi. Al Gran Premio di Monza, a bordo della Talbot che gli venne messa a disposizione, riuscì a concludere in seconda posizione dietro a Varzi, mentre a Cremona fu costretto al ritiro.

La morte di Brilli-Peri nel marzo del 1930, a seguito di un incidente mentre provava la vettura sul percorso di gara del Gran Premio di Tripoli, aveva lasciato l’Alfa Romeo priva di uno dei suoi tre alfieri. Per colmare la lacuna creatasi, il Direttore generale della casa di AreseProspero Gianferrari decise di convocare Nuvolari, avendo individuato in lui il pilota più adatto da affiancare a Varzi e Campari; dopo un breve colloquio il mantovano venne assunto. Poche settimane più tardi era prevista la Mille Miglia e gli venne messa a disposizione una delle nuove 6C 1750. La gara fu caratterizzata da un lungo duello con Varzi che, dopo aver recuperato il distacco che aveva nella prima frazione, prese il comando a Terni, ma nel tratto tra Ancona e Bologna Nuvolari fu in grado di recuperare quasi sette minuti di ritardo. Dpo aver raggiunto il rivale a Vicenza, giunti nei pressi di Peschiera del Garda durante la notte, avvenne uno degli episodi più noti della carriera del mantovano: al fine di far credere a Varzi di essere stato vittima di un guasto, spense i fari della propria auto e proseguì al buio, seguendo le luci di coda dell’avversario, salvo poi superarlo di sorpresa e andare a vincere la corsa. L’episodio divise i sostenitori dei due piloti, in quanto i tifosi di Varzi sostenevano che Nuvolari non avesse rispettato gli ordini di scuderia, anche se non risultava in realtà nessun comunicato di questo tipo da parte dei dirigenti dell’Alfa. Un mese più tardi Varzi riuscì a prendersi la rivincita, trionfando alla Targa Florio, mentre il mantovano non andò oltre il quinto posto, attardato da un guaio a una balestra.[Pochi giorni dopo la classica siciliana venne contattato da Enzo Ferrari che gli chiese se fosse stato disposto a correre alcune gare per la sua neonata scuderia al volante di un’Alfa Romeo P2. Al termine di una fulminea trattativa, Nuvolari accettò l’offerta e fece il suo esordio nella corsa in salitaTrieste-Opicina, ottenendo la prima di tre vittorie consecutive. Ad agosto conquistò poi il Tourist Trophy a Belfast davanti a Campari e Varzi, che rappresentava la sua prima affermazione in un Gran Premio di livello internazionale, e venne elogiato in maniera unanime dall’intera stampa inglese e dal pubblico accorso per la gara. Nel frattempo aveva ripreso le corse in motocicletta, ma nonostante si fosse dimostrato ancora tra i più veloci, nell’ottobre dello stesso anno fece la sua ultima apparizione in moto sul Circuito del Tigullio, classificandosi quinto.

L’anno seguente vinse la prestigiosa Targa Florio, in Sicilia. Dopodiché, decise di dedicarsi solamente alle autovetture. La sua fama crebbe ulteriormente e il famoso poeta Gabriele D’Annunzio, alla fine dell’aprile 1932, lo invitò al Vittoriale per fargli dono di una piccola tartaruga d’oro con la dedica «all’uomo più veloce, l’animale più lento», chiedendogli in cambio di vincere la Targa Florio che si sarebbe disputata dopo due settimane. Il pilota si mostra stupito della richiesta, e risponde «Io corro solo per questo».

Il successivo 8 maggio, Nuvolari tagliò per primo il traguardo della gara siciliana, a bordo dell’Alfa Romeo 8C-2300 della Scuderia Ferrari. Sempre nello stesso anno, riuscì ad aggiudicarsi anche Gran Premi di Monaco, di Francia e d’Italia.

Le sfortune personali (in pochi anni perse entrambi i figli diciottenni: il primogenito Giorgio a causa di una miocardite, e Alberto a causa di una nefrite resero il pubblico ancor più appassionato nei suoi confronti. La sua determinazione lo portò, proverbialmente, a insistere nelle gare anche quando l’auto perdeva pezzi, o era in fiamme, causando diversi incidenti.

Nuvolari in sbandata controllata con l’Alfa Romeo 6C al Passo della Consuma nel 1930

A Nuvolari, Enzo Ferrari attribuisce l’invenzione della tecnica della sbandata controllata: egli affrontava le curve con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l’esterno, quindi controsterzava e schiacciava l’acceleratore a tavoletta. In questo modo usciva di curva con la macchina già rivolta verso il rettilineo e in piena accelerazione, a velocità maggiore di chiunque altro. Questa tecnica, che non ha più ragion d’essere nelle auto a ruote scoperte a causa dell’avvento dell’aerodinamica, viene invece ancora oggi usata nei rally.

Enzo Ferrari raccontò che, quando per la prima volta salì come copilota su un’auto guidata da Nuvolari, alla prima curva avvertì che le ruote slittavano e credette che il mantovano avesse perso il controllo e che la vettura stesse uscendo di pista, ma con sua grande sorpresa questo non accadde; alla seconda curva avvenne lo stesso, e così alle successive, finché Ferrari comprese che Nuvolari faceva sbandare l’auto di proposito.

I successi più significativi[

Tanti sono stati gli episodi nella carriera sportiva di Nuvolari che l’hanno reso celebre. Tra i più famosi possiamo ricordare:

  • Nel 1931, al circuito delle Tre Province, durante la gara Nuvolari superò un passaggio a livello a velocità sostenute, riportando la rottura della molla di richiamo dell’acceleratore della sua Alfa Romeo 1750 6 cilindri. Per proseguire la corsa, una gara a cronometro, Nuvolari guidò controllando sterzo, freno e frizione mentre il meccanico Compagnoni regolava l’acceleratore, tramite la cintura dei pantaloni fatta passare attraverso il cofano. Nonostante questa tecnica di guida ai limiti del praticabile, Nuvolari vince la gara superando un incredulo Enzo Ferrari di 32 secondi[16][17].
  • Nel 1935, nel Gran Premio di Germania sulla pista di 22 km del Nürburgring, Nuvolari si impose guidando un’Alfa Romeo nettamente inferiore alle potenti vetture tedesche in gara Mercedes Benz e Auto Union. Nuvolari vinse con una clamorosa rimonta dopo essere rimasto attardato nella sosta per il rifornimento di benzina: ancora all’inizio dell’ultimo giro aveva un ritardo di 30 secondi dal primo. Questo successo fece “alterare” non poco i gerarchi nazisti presenti al circuito, che invece si aspettavano di vedere una grande affermazione tedesca in loro presenza; non la pensava così Nuvolari che, così sicuro di una sua vittoria, aveva appositamente portato dall’Italia una bandiera tricolore nuova fiammante (aveva saputo che quella in dotazione agli organizzatori era logora), che fece issare sul pennone più alto durante la cerimonia di premiazione. Si dice che gli organizzatori, non trovando il disco con la Marcia Reale (l’inno nazionale italiano dell’epoca) lo sostituirono con quello di ‘O sole mio.

    Torino, 3 settembre 1946, Coppa Andrea Brezzi. Nuvolari, su CisitaliaD46, conclude al 13º posto in 1h 25’57”. Mentre taglia il traguardo sventola verso il pubblico il volante.

  • Lo stesso anno, durante il Gran Premio di Montecarlo corso sotto una pioggia battente, un pilota ruppe il circuito dell’olio della propria autovettura e inondò la pista in una doppia curva a S già scivolosa per l’acqua. I cinque corridori successivi, man mano che sopraggiungevano, perdevano aderenza e scontrandosi tra loro o con le barriere disseminarono quel punto della pista di rottami. Nuvolari, sopraggiunto per sesto, riuscì derapando in velocità a mantenere comunque il controllo della sua vettura, percorrendo una particolare traiettoria che gli consentì di uscire dalla doppia curva schivando tutti i rottami con la precisione di alcuni centimetri[19];
  • Il 15 giugno 1935 tenta di battere sull’Autostrada Firenze-Mare (nel tratto del rettilineo di 8 km presso Altopascio), due primati europei di velocità utilizzando l’Alfa Romeo 16C Bimotore, creata da Enzo Ferrari per resistere alle Mercedes e Auto Union. La giornata scelta per il tentativo è poco felice poiché tira un forte vento, Nuvolari però prova ugualmente e parte. Mentre la macchina viaggia a circa 320 km/h, viene investita lateralmente da una forte raffica di vento che causa una spaventosa sbandata di oltre 200 metri. Il mantovano riesce comunque a controllare l’auto, che pesa 1.300 kg ed è molto difficile da controllare già a 150 km/h. Nonostante l’imprevisto Tazio prosegue, neutralizza un’altra analoga sbandata poco dopo, e stabilisce due primati: percorre in 11 secondi e 50/100 il chilometro lanciato alla media di 321,420 km/h, e in 17 secondi e 98/100 il miglio lanciato con media di 323,125 km/h (con una punta, nell’ultimo tratto percorso, di oltre 360 km/h). «Non avevo mai affrontato un pericolo così tremendo, nemmeno il giorno in cui presi fuoco a Pau», dichiarerà anni dopo ricordando l’episodio.
  • Al volante di un’Auto Union D, conquistò il Gran Premio d’Italia del 1938.
  • Nel 1947 alla Mille Miglia, con la Cisitalia 202 Spyder Mille Miglia, da lui preferita alla versione coupé perché gli permetteva una migliore respirazione (aveva seri problemi ai polmoni), arrivò 2º dietro Clemente Biondetti dopo aver corso in testa per quasi tutta la gara, soccombendo all’attacco del vincitore solo sul tratto autostradale (novità di quell’anno) Torino-Brescia percorso sotto pioggia battente.
  • Nel 1948, all’età di cinquantasei anni, a sorpresa Nuvolari prese ancora il via della Mille Miglia con una Ferrari 166 SC[20]: prima che problemi meccanici lo costringessero al ritiro, nel primo tratto di gara fece segnare il miglior tempo assoluto. Fece togliere prima il cofano motore per ovviare ad una chiusura imperfetta, poi volò via un parafango, poi si ruppe il supporto del sediolo del meccanico e infine, dopo una derapata troppo accentuata si incrinò l’occhio (supporto) di una balestra ed Enzo Ferrari, dato che il pilota non intendeva far effettuare una riparazione per non perdere la testa della classifica, gli impose di fermarsi e di ritirarsi vicino a Reggio Emilia.
  • Il 10 aprile 1950 Nuvolari partecipava alla gara in salita Palermo-Monte Pellegrino, in Sicilia, su Cisitalia-Abarth 204A Sport Spider della Squadra Carlo Abarth. Otteneva la vittoria della classe fino 1100 cm³ Sport e il 5º posto assoluto. È stata la sua ultima gara e l’ultima vittoria di Nuvolari.

 

Nuvolari non annunciò mai formalmente il suo ritiro, ma la sua salute andava deteriorandosi e divenne sempre più solitario. Nel 1952 venne colpito da un ictus che lo lasciò parzialmente paralizzato, e morì un anno più tardi, l’11 agosto, a causa di un altro ictus. Pressoché tutta la città di Mantova partecipò ai suoi funerali, che si tennero il 13 agosto 1953 e ai quali parteciparono tra le 25.000 e le 55.000 persone. Il corteo funebre era lungo alcuni chilometri e la bara di Nuvolari fu messa su un telaio di macchina scortato da Alberto Ascari, Luigi Villoresi eJuan Manuel Fangio. Fu sepolto presso il cimitero degli Angeli, a Mantova, con gli abiti che indossava sempre scaramanticamente in corsa: un maglione giallo, pantaloni azzurri e gilet di pelle marrone. Al fianco il suo volante preferito.

Oltre ai tanti cittadini, ai tifosi, alla gente comune, fu presente anche Enzo Ferrari, che ebbe poi modo di dichiarare «…non appena mi giunse notizia della sua fine partii per Mantova. Nella fretta mi persi in un dedalo di strade sconosciute della città. Scesi di macchina, chiesi ad un negozio di stagnino la via per villa Nuvolari. Ne uscì un anziano operaio, che prima di rispondermi fece un giro intorno alla macchina, per leggere la targa. Capì, mi prese una mano e la strinse con calore. “Grazie di essere venuto” – bisbigliò commosso – “Come quello là non ne nasceranno più”».

Sulla tomba di Nuvolari è incisa una frase che sembra quasi volerlo incitare a fare corse anche nell’aldilà: «Correrai ancor più veloce per le vie del cielo».

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