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Morì di amianto, ora lo Stato paga Primo piano Provincia e Regione 

Morì di amianto, ora lo Stato paga

amiantoA ricorrere era stata una donna salernitana (R.R.T. le sue iniziali) che quattro anni fa ha perso il padre, ammalato di mesotelioma pleurico maligno. La sentenza emessa ieri riconosce alla giovane un vitalizio mensile di 1.500 euro e una speciale elargizione di 200mila euro.

La vicenda rientra nell’indagine “Marina Ter” della Procura di Padova, e vede pendere un’altra causa civile al tribunale di Roma per la richiesta di risarcimento complessivo. A darne notizia è l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale sull’amianto.

«La sentenza è storica non solo per l’equiparazione di una vittima del dovere ad una di terrorismo – dichiara il legale – ma anche perché Ministero e Marina militare non volevano riconoscere l’importo alla ragazza in quanto non era a carico del padre». Il genitore era un commerciante salernitano deceduto a 60 anni, dopo lunghe sofferenze. Contrasse la malattia negli anni ’80 a Taranto, quando prestava servizio su due sommergibili, acquistati dagli Stati Uniti, imbottiti di amianto nelle cisterne e nei tubi per l’aria. Dopo trent’anni gli fu diagnosticata un’ascite; a settembre 2011 la diagnosi di mesotelioma, patologia che lo condurrà a prematura morte due anni dopo.

«Purtroppo questa sentenza è solo l’inizio – commenta a caldo la figlia – la battaglia è ancora lunga, il mio scopo è aiutare tutti gli orfani come me e aprire una fondazione a sostegno dei familiari dei malati di mesotelioma a nome di mio padre». La pronuncia si inserisce nella breccia aperta dal tribunale di Cagliari l’anno scorso, che per la prima volta assimilò la fibra killer al terrorismo. «L’amianto – spiega Bonanni – colpisce un po’ come un proiettile, solo a scoppio ritardato, e provoca il mesotelioma. Il tribunale di Salerno ha reso giustizia. Spero che questa ulteriore sentenza, che si aggiunge a quella di Cagliari, basti all’Amministrazione per smetterla di avere questi comportamenti che vanno ad aggravare un danno che la vittima ha già subito».

Il presidente dell’Ona ricorda la relazione della Commissione di inchiesta della Camera, approvata lo scorso luglio. In cento pagine viene tracciato un quadro inquietante sullo stato di insicurezza delle attività delle Forze armate. Le norme che tutelano la sicurezza esistono, ma rimangono sulla carta perché «si è diffuso un senso d’impunità, l’idea che le regole c’erano e ci sono, ma che si potevano e si possono violare senza incorrere in effettive responsabilità.

E si è diffuso tra le vittime e i loro parenti – aggiunge il documento – un altrettanto devastante senso di giustizia negata». I rischi sono molteplici e le stesse Forze armate appaiono restie alle «istanze di rinnovamento in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Le scelte strategiche di fondo che attualmente ispirano la politica della sicurezza nel mondo delle Forze Armate – afferma la commissione – umiliano i militari ammalati o morti per la mortificante sproporzione tra la dedizione dimostrata in attività altamente pericolose dal militare e la riluttanza istituzionale al tempestivo riconoscimento di congrui indennizzi». Ma adesso qualcosa può cambiare.







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