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L’allarme degli scienziati: “Il covid viaggia nell’aria più di quanto si pensava” Attualità Primo piano 

L’allarme degli scienziati: “Il covid viaggia nell’aria più di quanto si pensava”

Il Covid-19 viaggia nell’aria più di quanto si è pensato fino ad oggi. Un nuovo studio firmato da 239 scienziati di primo piano di 32 paesi, invita l’Oms a rivedere drasticamente le proprie linee-guida sulle misure consigliate ai governi di tutto il pianeta per il contenimento del morbo.

Da mesi gli esperti sottolineano che il virus si trasmette a causa di stretto contatto in luoghi affollati con poca ventilazione, a causa dei droplet emessi dalle persone attraverso naso e bocca. Le agenzie, però, sembrano scettiche a parlare della trasmissione per via aerea del virus, afferma Donald Milton, uno dei firmatari e docente all’Università del Maryland, secondo Cnn.

Nella lettera aperta, anticipata dal quotidiano statunitense New York Times e subito riportata in Italia da La Repubblica, la squadra di ricercatori internazionali ritiene di aver constatato che la SARS-CoV-2 può trasmettersi, infettando più persone, sia tramite le goccioline più grosse che vengono ad esempio prodotte quando si starnutisce (questo era già stato appurato) sia da quelle più piccole e più leggere (e questa è la novità) – che si formano quando si parla normalmente – capaci quindi di attraversare uno spazio.

Le goccioline di dimensioni maggiori cadono velocemente sulle superfici e sono poi portate a occhi, naso e bocca attraverso le mani; quelle più piccole restano più a lungo nell’aria e possono essere inalate più profondamente nei polmoni. Oltre a usare le mascherine Ffp2 o a filtro maggiore, ci si può proteggere aumentando e migliorando la ventilazione dei locali, mantenendo le distanze.

Un cambio di prospettiva notevole. Fino a questo momento, infatti, l’Oms aveva ribadito a più riprese che il virus non è generalmente aerobico, sostenendo al contrario – come, da ultimo, in un documento del 29 giugno, precisa Repubblica – che il Covid-19 non si trasmette per via aerea e in certe condizioni estreme, come ad esempio nel corso di una serie di procedure mediche nelle quali si generano degli aerosol, ovvero delle polverizzazioni di particelle nell’aria come ad esempio nel caso delle intubazioni, delle broncoscopie o ancora in caso di una rianimazione cardiopolmonare.

“Si ha troppo spesso l’assurda concezione che un virus aerobico sia presente continuativamente nell’aria a causa di goccioline sospese intorno a noi – spiega il virologo Bill Hanage, dell’università di Harvard – che possano infettarci per diverse ore e che queste goccioline corrano per le strade, si infilino nella buca delle lettere e si intrufolino dappertutto nelle nostre case”. Ovviamente, spiega lo scienziato, così non è: “il rischio di contagio di cui si parla è relativo soprattutto agli spazi chiusi e in tal senso il nuovo studio si pone come messa in guardia all’Oms, in quanto sarebbe chiaro che le mascherine – al contrario di quanto sostenuto finora – sarebbero necessarie anche negli spazi al chiuso a prescindere dal distanziamento sociale”.

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