You are here
La Fondazione Gimbe boccia tre regioni sulla riapertura: “La Lombardia aggiusta i dati” Attualità Italia e Mondo 

La Fondazione Gimbe boccia tre regioni sulla riapertura: “La Lombardia aggiusta i dati”

Lombardia, Liguria e Piemonte non sono pronte alla riapertura del 3 giugno, perchè si rilevano la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi e il maggior incremento di nuovi casi, a fronte di una limitata attitudine all’esecuzione di tamponi diagnostici. L’incidenza per 100mila abitanti, quando la media nazionale è 32, in Lombardia il dato è infatti di 96, in Liguria di 76 e in Piemonte di 63.

Lo sottolinea la Fondazione Gimbe nel suo report di monitoraggio post-lockdown, un’analisi indipendente relativa alla fase 2 nelle varie Regioni utilizzando due indicatori parametrati alla popolazione residente: l’incidenza di nuovi casi e il numero di tamponi “diagnostici”, escludendo quelli eseguiti per confermare la guarigione virologica o per necessità di ripetere il test.

In particolare la percentuale di tamponi diagnostici positivi risulta superiore alla media nazionale (2,4%) in 5 Regioni: in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria (5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%) Puglia (3,7%) ed Emilia-Romagna (2,7%). Quanto ai tamponi diagnostici per 100.000 abitanti, rispetto alla media nazionale (1.343), svettano solo Valle d’Aosta (4.076) e Provincia Autonoma di Trento (4.038).

L’allarme di Cartabellotta: “Il 18 maggio sarà una riapertura al buio e senza dati aggiornati, così rischiamo una nuova ondata di contagi”

Nelle tre Regioni ad elevata incidenza dei nuovi casi, la propensione all’esecuzione di tamponi rimane poco al di sopra della media nazionale sia in Piemonte (1.675) che in Lombardia (1.608), mentre in Liguria (1.319) si attesta poco al di sotto. Incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti: rispetto alla media nazionale (32), l’incidenza è nettamente superiore in Lombardia (96), Liguria (76) e Piemonte (63).

La fondazione sottolinea che «i dati analizzati riflettono quasi interamente le riaperture del 4 maggio, ma non quelle molto più ampie del 18 maggio che potranno essere valutate nel periodo 1-14 giugno, tenendo conto di una media di 5 giorni di incubazione del virus e di 9-10 giorni per ottenere i risultati del tampone».

Oggi, Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe, ospite di24 Mattino su Radio 24 alla domanda se le regioni e la Lombardia- scrive la stampa.it- “aggiustano” i dati per paura di un altro stop? ha risposto: «C’è il ragionevole sospetto che sia così, anche perché in Lombardia si sono verificate troppe stranezze sui dati nel corso di questi tre mesi». Le stranezze di cui ha parlano riguardano «soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti andando ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti; alternanze e ritardi nella comunicazione dei dati, cosa che poteva essere giustificata nella fase dell’emergenza quando c’erano moltissimi casi ma molto meno ora, eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase 2. E’ come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati».

«La Lombardia – ha continuato – probabilmente ha avuto questa enorme diffusione del contagio in una fase precedente al caso 1 di Codogno e le misure di lockdown, come avevamo chiesto noi all’inizio di marzo, dovevano essere più rigorose e restrittive. Noi avevamo chiesto la chiusura dell’intera Lombardia, un po’ come Wuhan, perché era evidente che quel livello di esplosione del contagio non poteva che essere testimonianza di un virus che serpeggiava in maniera molto diffusa già nel mese di febbraio. Non è stato fatto, sono state prese tutta una serie di non decisioni, come la non chiusura delle zone di Alzano Lombardo e Nembro, che hanno determinato tutto quello che è successo nella bergamasca, e poi una smania ossessiva di riaprire».

scritto da 







Related posts