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La Fenailp: “Il Governo condanna a morte l’economia” Attualità Economia 

La Fenailp: “Il Governo condanna a morte l’economia”

“Lo avevamo annunciato già durante la prima fase di pandemia, lo scorso Aprile, da quando da oltre due mesi la gran parte delle Imprese Italiane erano chiuse, fatte salve quelle poche beneficiarie della “lotteria” dei codici ATECO che hanno potuto continuare l’attività e lo ribadiamo alla vigilia del periodo commercialmente più importante dell’anno.

Senza clienti, senza incassi, ma con dipendenti, contributi, tasse, affitti, bollette, mutui ed impegni pregressi, per non parlare della merce e delle scorte.

Poi è arrivata la seconda fase, temuta da tutti gli Operatori Commerciali, ed il Governo, non ha fatto altro che rinviare di qualche mese solo alcune scadenze fiscali e dare per taluni Settori Merceologici dei veri e propri palliativi.

La situazione è diventata ormai esplosiva, con risvolti non solo economici, ma anche sociali e umani pesantissimi. Le aziende sono attonite, atterrite e disorientate da una situazione mai vista prima, che sta producendo effetti disastrosi ben al di là di ogni peggiore previsione, gli esercenti che hanno chiesto sempre e soltanto di poter lavorare al servizio dei propri clienti e delle proprie città, si trovano oggi nella impossibilità di farlo per motivi non certo imputabili a loro responsabilità. Ma mentre gli è di fatto impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi governa non si è preoccupato di fermare i costi a cui le aziende devono far fronte e che invece devono continuare a correre. Gli Operatori del Commercio, dell’Artigianato del Turismo e dei Servizi, sono allo stremo!

Ed è per questo che la FeNAILP ed i suoi Associati non pagheranno fino al 31 dicembre 2021 nessuna Tassa.

Questa è la forma di protesta estrema, alla quale la categoria si sente costretta per mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le aziende non hanno più risorse e preferiscono continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto ad uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le ragioni di esistere delle Categorie Commerciali da sempre traino della Economia Nazionale. Non pagare le Tasse, vuole essere una ribellione pacifica e silenziosa contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come bancomat, senza tutela né rispetto. Soprattutto, senza riconoscerne l’importanza prima dell’era Covid-19 e poi, nel 2020 il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di trent’anni e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema .

Mentre il Governo emana Dpcm di “ristori” spesso irrisori, e la sospensione per qualche mese della contribuzione fiscale, non considerando che non lavorando, e quindi non incassando, le Aziende non avranno risorse per far fronte a questi impegni. In base a criteri che francamente appaiono incomprensibili, il sacrificio che viene chiesto ricade sulle spalle di alcuni e non di tutti col rischio di vanificare il sacrificio e, soprattutto, di spostare arbitrariamente i consumi da un settore all’altro. Perché è evidente che se un negozio di abbigliamento o di articoli per la casa non potrà stare aperto in questo periodo, gli acquisti di Natale saranno concentrati su altri settori ai quali invece è concesso di lavorare. È mai possibile che, solo per fare alcuni esempi, “i centri commerciali e la grande distribuzione possano trattare la vendita di prodotti che ai negozi di vicinato non è consentito vendere, i commercianti su aree pubbliche non siano autorizzati a vendere, per esempio, fiori o calzature per bambini, mentre invece lo sia concesso alle analoghe attività a posto fisso?”.  Una disparità di trattamento che causa incredulità, rabbia e sconforto.

Per questo, la FeNAILP ha deciso di alzare la voce e fare di tutto per impedire il progetto di liquidazione di un intero settore economico, quello del commercio al dettaglio. La Federazione Nazionale Imprenditori e Liberi Professionisti si  batterà  fino all’ultimo per la sopravvivenza non solo delle attività associate  ma anche  di quel pezzo importante del sistema che rappresenta, senza il quale  l’evasore fiscale è un ladro della collettività e come tale va condannato, chi protesta contro l’iniquità dello Stato adottando uno strumento legittimo come lo sciopero fiscale compie un atto ben diverso e ben più condivisibile anche da un punto di vista sociale.

Sarebbe stata scelta coraggiosa delle Istituzioni, nonché svolta epocale rispetto alle misure fin ora adottate, lenire le ferite inferte dal Covid19, ponendo fine all’annoso, irragionevole ed iniquo rapporto tra Fisco e Contribuente, attraverso una sorta di pace fiscale, rendendo entrambi compartecipi della ripartenza del Paese, favorendo l’adempimento spontaneo di chi sovente, e a torto, viene bollato come evasore proprio da chi non conosce quanto sia arduo, oltre che poco remunerativo, “alzare” ogni mattina la saracinesca e sperare di poter assolvere alle obbligazioni contratte con i propri interlocutori, Stato incluso, senza dover contare, come contro partita, su un adeguato sistema di tutele, al pari di tanti dipendenti del settore pubblico e privato. inoltre la Federazione fa appello ai principi dello stato di necessità e della capacità contributiva proporzionale al reddito, stabiliti rispettivamente dagli articoli 54 del Codice penale e 53 della Costituzione per legittimare il rifiuto categorico di continuare a contribuire, attraverso le tasse, alle spese per il mantenimento dei privilegi della classe politica che ci governa, vera protagonista di questa crisi economica.

Certamente le Aziende non si potranno sottrarre al pagamento delle ritenute né a quello dell’imposta Iva (anche se tanti imprenditori, avendo merce acquistata ma ancora invenduta in negozi e magazzini, di fatto sono a credito), ma neppure, nel caso di quei pochi alberghi che hanno lavorato, dell’imposta di soggiorno, perché si tratta di un credito che l’azienda riscuote per conto del proprio Comune, possono però dichiarare lo sciopero fiscale per una lunga serie di altre tasse e imposte, da Irap e Ires a Imu, bollo auto e tassa sugli immobili.

Si tratta di una azione di protesta collettiva che rientra nell’ambito dei diritti di cui agli articoli 18 (diritto di libera associazione) 21 (diritto di libera manifestazione di pensiero), 39 (diritto di libera organizzazione sindacale) 40 (diritto di sciopero) della Costituzione della Repubblica Italiana, non dimentichiamo che, sempre in base alla nostra Costituzione, sarebbe compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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