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Inchiesta sulle chat dell’orrore, il giovane vallese arrestato si vantava di aver spinto al suicidio una donna Provincia Provincia e Regione 

Inchiesta sulle chat dell’orrore, il giovane vallese arrestato si vantava di aver spinto al suicidio una donna

Anche canzoni rap, ricche di riferimenti alla violenza e alla pedofilia, tra il materiale acquisito dalla Digos nell’inchiesta della Dda di Genova denominata “Blocco Est Europa” che ha portato all’arresto in carcere di due ventunenni liguri (E.M. e M.B.) e ai domiciliari del loro coetaneo L.L. di Vallo della Lucania. Quest’ultimo&scrive la Città-, studente in Psicologia e deciso a svolgere la professione di criminologo, con gli altri due giovani è accusato di far parte di un gruppo Telegram, creato il 22 gennaio 2022 e sospeso lo scorso 2 aprile dallo stesso gestore del servizio di messaggistica istantanea, per gli inquirenti avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi, nonché di apologia di gravi crimini anche di tipo terroristico come omicidi e stragi oltre che di diffusione di materiale pedopornografico.

Nel corso dell’operazione sono state perquisite anche le abitazioni di tre giovani, tutti minorenni, residenti a Torino, Lanciano e Sanremo- scrive ancora la Città-. Secondo gli inquirenti i partecipanti inneggiavano ai gruppi terroristici di matrice jihadista, professavano simpatie per Hitler, dicevano di “progettare” stragi delle dimensioni dell’11 settembre 2001, di odiare i negri e gli ebrei, gli omosessuali. Inoltre postavano sui siti web foto pedopornografiche raffiguranti rapporti sessuali tra bambini. In riferimento al vallese L.L. il gip Luisa Camposaragna- si legge ancora nell’articolo de La Città , che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, scrive che in una chat del 24 marzo scorso «egli asserisce di aver istigato il suicidio di una donna, benché come rileva lo stesso Pm non vi siano riscontri al riguardo, l’affermazione appare illuminante in ordine alla personalità». Le indagini sono partite da una segnalazione arrivata on line alla polizia, poi sviluppate dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica Liguria e dalla Digos di Genova.

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