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Il 23 marzo del 1980 il primo grande scandalo nel calcio con gli arresti per il totonero Attualità 

Il 23 marzo del 1980 il primo grande scandalo nel calcio con gli arresti per il totonero

Accadde oggi, era il 23 marzo del 1980 (44 anni fa), quando lo scandalo del Calcioscommesse, noto anche come Totonero, sconvolse l’Italia con arresti e indagati. Fu un evento che coinvolse diversi esponenti e realtà del calcio italiano, colpevoli di aver truccato gare ufficiali attraverso scommesse clandestine che per la FIGC rappresentavano casi di illecito sportivo. Diverse società, dirigenti e giocatori di Serie A e Serie B si trovarono così invischiati nell’inchiesta che seguì uno dei più tristi episodi dello sport in Italia.

Le società direttamente coinvolte nell’inchiesta furono Avellino, Bologna, Juventus, Lazio, Milan, Napoli, Perugia e Pescara per la massima serie. Genoa, Lecce, Palermo, Pistoiese e Taranto per quella cadetta. Di queste, il Pescara fu l’unica società assolta nonostante l’esplicita richiesta di penalizzazione da parte dell’accusa. Anche Juventus, Genoa, Napoli, Lecce e Pistoiese furono assolte, ma su richiesta del Procuratore federale. Furono invece pesantissime le sanzioni per Milan e Lazio, entrambe costrette alla retrocessione in Serie B.

Le immagini degli arresti e delle camionette di Polizia presenti negli stadi sono famose ancora oggi per essere state riprese in diretta nel corso della trasmissione sportiva “90° minuto”. A conti fatti, il Totonero fu il primo grande scandalo di illeciti sportivi nella storia del calcio italiano, un precedente bruttissimo che costò, tra le altre cose, il posto al presidente federale Artemio Franchi – all’epoca anche presidente UEFA -, dimissionario quello stesso anno. Ad aggravare ulteriormente la situazione fu il pessimo tempismo con cui lo scandalo emerse nei fatti di cronaca, a soli tre mesi dall’inizio del Campionato Europeo che aveva come sede proprio l’Italia. A seguito di tale episodio, il paese perse gran parte della sua credibilità.

L’irruzione dei carabinieri negli stadi non fu un fulmine a ciel se­reno: tre settimane prima, il 1° marzo, la Procura della Repub­blica di Roma aveva messo a verbale la confessione fiume di Massimo Cruciani, l’uomo che aveva dato corpo a bisbiglìi sem­pre più inquietanti. Cruciani è un commerciante di frutta romano sull’orlo di una crisi di nervi (e del tracollo economico). Al ma­gistrato racconta che le sue di­sgrazie hanno avuto inizio quan­do tale Alvaro Trinca, proprieta­rio del ristorante Le Lampare, gli ha presentato alcuni dei suoi clienti eccellenti: i calciatori del­la Lazio Wilson, Manfredonia, Giordano e Cacciatori. Per Cruciani fu facile fare amicizia, anche a causa – confessa – «del mio interesse per il calcio e per le scommesse, clandestine e non, che ruotano intorno al mondo del pallone, i quattro giocatori, in proposito, mi dissero chiaramente che era possibile “trucca­re” i risultati delle partite, con il che, ovviamente, scommettendo nel sicuro. Accettai l’idea e deci­si di intraprendere una serie di attività di gioco d’accordo con ì suddetti giocatori e gli altri che, a volta a volta, come mi si disse, si sarebbero dichiarati disponì­bili».
Il giochino è semplice: i calciatori prendono accordi con colleghi di altre squadre per ag­giustare la tal partita, Cruciani punta, anche per conto loro, una bella somma al totonero e alla fi­ne ci si spartisce il gruzzolo. Fa­cile, no?

Eppure, il racconto di Cruciani prende subito una piega vaga­mente kafkiana: «Iniziò così, per me, una vera e propria odissea che mi ha praticamente ridotto sul lastrico ed esposto a una se­rie preoccupante di intimidazio­ni e minacce». Che cosa era successo? Che all’improvviso il complice era diventato la vitti­ma della cosca del pallone, re­stando intrappolato in una morsa sempre più asfissiante. «Presi contatti con il giocatore del Palermo Magherini per combinare il risultato della partita Taranto-Palermo», racconta Cruciani. Che viene pregato di giocare, per conto dello stesso Magherini, 10 milioni sul pari. Altri 10 milioni sono da girare a due giocatori del Taranto per “ratificare” l’accor­do. E siamo a meno 20. Poi i 160 milioni che Cruciani scommette per conto suo e di altri amici sul­la stessa partita. E se il pareggio sicuro non fosse poi così sconta­to? Infatti: «Contrariamente ai patti», sospira il povero Crucia­ni, «vinse il Palermo». E figurar­si se il gentleman Magherini rifonda l’amico dei 20 milioni anticipati. Risultato: meno 180. Per sdebitarsi, però, il giocatrore del Palermo offre un’altra dritta sicura: la vittoria del Vicenza sul Lecce abbinata a quella del Milan sulla Lazio.

Non c’è bisogno di andare oltre: Cruciani per rientrare continua ad anticipare i soldi delle puntate e le somme destinate alle squa­dre compiacenti, mentre il “giro” si allarga sempre di più. Ma ca­pita troppo spesso che qualcosa vada storto: il debito aumenta e, poiché i signori calciatori non hanno alcuna intenzione di met­tere mano al portafogli, si rende necessaria una nuova scommes­sa. Cosi via, finché il povero Cruciani – ormai rovinato da perdite di «centinaia e centinaia di milioni» e minacciato sempre più insistentemente dagli allibra­tori clandestini, fa l’unica cosa che gli è rimasta da fare: denun­ciare tutto all’autorità giudizia­ria.

Una volta che si è deciso al gran­de passo, l’esasperato commer­ciante non salva nessuno. È una bomba: tra le squadre coinvolte, ci sono anche Avellino, Ge­noa, Bologna, Juventus, Pe­rugia e Napo­li. Tra i giocatori, il fior fio­re della Serie A: Savoldi, Zinetti, Co­lomba, Dossena e Petrini del Bologna, Agostinelli e Damiani del Napoli, Paolo Rossi, Casarsa e Della Martira del Perugia, Gi­rardi del Ge­noa.La notizia è sconvolgente, ma subito c’è chi contrattac­ca: sarà poi tutto vero? «Verissimo», ammette in una clamorosa intervista a Repubblica il giocatore della Lazio Montesi, che poi però, di fronte alla reazione isterica del cosid­detto entourage, si rimangia tut­to. Anche Cruciani e Trinca (il ri­storatore) fanno incredibilmente marcia indietro, al punto che gli stessi avvocati, stizziti, li pianta­no in asso. Ormai però non è più possibile ritrattare: il 9 marzo Trinca viene arrestato con l’ac­cusa di truffa, tre giorni dopo si costituisce anche Cruciani verso il quale era stato spiccato un mandato di cattura.

Intanto tutti i calciatori chiamati in causadalla prima confessione del commer­ciante vengono raggiunti da un ordine di comparizione. È in questo frangente che si colloca l’incredibile domenica delle manette. All’Adriatico di Pesca­ra, la Lazio ha appena perso 2-0, quando all’uscita degli spogliatoi vengono arrestati in un colpo so­lo Cacciatori, Wilson, Giorda­no e Manfredonia. Nello stesso momento a San Siro, dopo Milan-Torino, vengono bloccati Albertosi e Giorgio Morini, men­tre a Roma analogo destino tocca ai perugini Della Martira, Zec­chini e Casarsa. Insieme a loro, finiscono a Regina Coeli Pelle­grini dell’Avellino, Magherini del Palermo, Merlo del Lecce e Girardi del Genoa. E sono tan­tissimi i giocatori invitati a pre­sentarsi per accertamenti: tra questi, Paolo Rossi, Dossena, Savoldi e Damiani.È il crepuscolo degli dei, l’opi­nione pubblica è attonita, la Na­zionale (che sta preparando gli Europei di Roma) mutilata: pro­prio Rossi e Giordano avrebbero dovuto essere i cardini dell’attac­co azzurro.

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