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Il 14 settembre di oltre 7 secoli fa moriva a Ravenna Dante Alighieri Attualità 

Il 14 settembre di oltre 7 secoli fa moriva a Ravenna Dante Alighieri

Accadde oggi; il 14 settembre del 1321  muore a Ravenna, vittima di malaria Dante Durante di Alighiero degli Alighieri. Per tutti quel poeta e scrittore, da molti ritenuto il padre della lingua italiana, è semplicemente Dante.

Mentre è nota la data della sua morte, poco si sa sulla nascita. L’anno lo rivelerà lui stesso con quel suo viaggio immaginario dell’anno 1300, compiuto “nel mezzo del cammin di nostra vita”. E anche per il giorno ci verrà in soccorso un’altra volta rivelando, durante il viaggio nel Paradiso, di essere nato sotto il segno dei Gemelli, quindi in un giorno da collocare tra il 21 maggio e il 21 giugno.

Appartenente a una famiglia borghese, con il padre che di mestiere fa il cambiavalute. Molto probabilmente “all’italiana”, ovvero con qualche sconfinamento anche nel mondo dell’usura. Dante, però, di queste cose non si cura affatto. Sono gli anni della sua gioventù, quelli della sua formazione, su cui inciderà non poco lo scrittore Brunetto Latini. Senza dimenticare l’impatto di Guido Cavalcanti, che si ribella alla “scuola siciliana” giunta in città e afferma la necessità di un “dolce stil novo”. Sarà questa a influenzare maggiormente gli scritti di Dante.

Nei libri di scuola spesso non si dice che il poeta fiorentino all’età di 12 anni sposa Gemma Donati. Un matrimonio combinato, a un’età normale per quell’epoca, ma per il quale non proverà grande interesse. Se in vita sua scriverà di tutto, dedicherà versi a Beatrice e non un solo rigo a questa Gemma, un motivo ci sarà. Sarà una fortuna per la letteratura, visto che proprio trascinato da questa passione per Beatrice Portinari scriverà versi celebri che caratterizzearnno il Dolce Stil Novo. Questo nonostante sia distratto, oltretutto, dall’impegno politico, dall’incarico di priore e lotta tra guelfi e ghibellini che, nel 1301, porta al suo esilio. Non tornerà mai più nella sua città.

Nel frattempo ha già iniziato a mettere mano alla Divina Commedia (La Comedìa, nel suo titolo originario) a partire dal 1300, anno giubilare. Pare che l’Inferno sia completato solo nel 1313, altri due anni per il Purgatorio mentre il Paradiso sarà un percorso che accompagnerà il resto dell’esistenza di Dante. Saltiamo le lezioni scolastiche sulla suddivisione dell’opera. Qui ci interessa solo sottolineare che è un condensato di tutto l’interesse che Dante ha accumulato negli anni. Non solo letterario e stilistico, ma anche il suo studio della filosofia unito alla sua formazione cristiana e all’interesse per la politica. Un’opera a tutto campo che esplora il male e il bene del mondo, che lo giudica con la ragione e, ove non basta, anche con la fede. Lasciandoci un capolavoro che, al solo pensiero della fatica e dello studio che richiede, mette i brividi mentre si sfogliano le pagine e si leggono gli endecasillabi.

Nel suo peregrinare di città in città (Forlì, Lucca, Parigi, Verona) nel 1318 approda a Ravenna, ospite di corte da Guido Novello da Polenta. Per lui farà anche l’ambasciatore finché, di ritorno da un viaggio a Venezia, si ammala di malaria. La malattia si rivela fatale, il poeta muore nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Di lui ci resta una traccia indelebile nella storia della letteratura, ma anche nella nascita di una nuova lingua. La Divina Commedia per stile, contenuto, profondità, significato ci consegna uno scrittore immortale. Al termine del sua viaggio immaginario tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, tra domande e interpretazioni, una certezza gliela diamo noi. Dopo esser risalito a riveder le stelle occupa un posto tra i più grandi nomi della nostra storia d’Italia.

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