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Frana a Montalbino, il pm “Cinque anni all’imprenditore”. I giudici: “Non luogo a procedere”. Cronaca Primo piano 

Frana a Montalbino, il pm “Cinque anni all’imprenditore”. I giudici: “Non luogo a procedere”.

 

Nocera Inferiore. “Non luogo a procedere”. Finisce con un nulla di fatto il processo  bis della frana di Montalbino. Unico imputato, l’imprenditore Franco Amato, titolare della società che gestisce la cava estrattiva che si trova a pochi metri dal luogo dello smottamento. Per lui il Pm Lenza ha chiesto durante la sua requisitoria 5 anni di reclusione. Da attenuanti generiche la prescrizione sul disastro colposo si è dimezzata ed è sopraggiunta per cui il Tribunale ha deciso di non condannare l’imprenditore.  La colata di fango avvenne il 4 marzo del 2005 e provocò la morte di tre persone che vivevano nella zona pedemontana di Nocera Inferiore. Amato rispondeva di un solo reato, frana colposa, l’altro, omicidio colposo plurimo, è prescritto. precedente processo, che aveva portato alla condanna dell’imprenditore a tre anni di reclusione, era stato annullato dalla Cassazione per un vizio nella notifica del domicilio dell’imputato. E va in prescrizione anche il reato di frana colposa. Per questo motivo diverse associazioni ambientaliste e civiche da mesi avevano acceso i fari mediatici sulla vicenda. Durante le precedenti udienze all’esterno del tribunale c’erano stati silenziosi sit in.
Erano state le stesse associazioni a scrivere nei mesi scorsi una lettera aperta con la quale invitavano i giudici ad accelerare i tempi del processo per evitare una nuova prescrizione del reato. Nell’udienza del 27 dicembre scorso per la prima volta nell’intera vicenda processuale, Amato si presentò in aula raccontando la sua verità. Era il 4 marzo del 2005, quando una frana si staccò da Montalbino e travolse le abitazioni. Morirono i coniugi Rosa e Mattia Gambardella e un loro conoscente, Alfonso Cardamone, che era andato a far loro visita. Perizie tecniche e geologiche spinsero l’allora sostituto procuratore Giancarlo Russo della Procura di Nocera Inferiore a chiedere il processo per Francesco Amato, l’imprenditore cavese, titolare della BetonCave, la ditta che insisteva sopra le abitazioni della fascia pedemontana e che aveva scavato la montagna per ricavarne materiali per l’edilizia. La prima condanna a tre anni di reclusione, inflitta dal giudice monocratico del tribunale di Nocera Inferiore, era stata cancellata   dalla prescrizione dichiarata dai giudici della Corte d’Appello di Salerno.

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