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Femminicidio. In ricordo di Nunzia Maiorano, il fratello Giovanni si racconta a 4 anni dalla tragedia Attualità Primo piano 

Femminicidio. In ricordo di Nunzia Maiorano, il fratello Giovanni si racconta a 4 anni dalla tragedia

Ieri si celebrava la “Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne” e noi oggi vogliamo ricordare la storia di Nunzia Maiorano, 41enne uccisa la mattina del 23 gennaio 2018 dal marito Salvatore Siani, condannato a 30 anni di carcere, dopo aver scelto il rito abbreviato.
Nunzia aveva una bellissima famiglia e i suoi fratelli, pur vivendo il profondo dolore della sua perdita hanno deciso di fare fronte comune contro il “carnefice” che non ha solo commesso un efferato omicidio ma che ha stravolto la vita dei suoi tre figli.

A distanza di 4 anni, uno dei fratelli di Nunzia, Giovanni Maiorano apre il suo cuore con una delicatezza incredibile e lo fa senza rabbia, senza rancore ma con gli occhi preoccupati sì, ma fiduciosi di uno zio dedito ai suoi tre nipoti.

Facciamo solo un passo indietro per raccontare brevemente quello che è accaduto nel 2018. Quella di Nunzia è, come spesso accade, la storia di un amore finito e di un’ossessione, quella dell’uomo, impossibilitato ad accettare la fine del proprio matrimonio. Teatro dell’ennesimo femminicidio è Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, dove Siani ha massacrato la moglie con 47 coltellate, agendo con inaudita violenza davanti agli occhi del figlio di 5 anni e dell’anziana madre di lei.

Le coltellate però arrivano solo dopo averla picchiata selvaggiamente e presa a morsi.
“Quel bambino, oggi, ha 9 anni e vive con i suoi zii; – racconta Giovanni – ha avuto un percorso psicoterapeutico ma è un bambino sano e sereno; insieme a lui vive anche la sorella 14enne.

Il primogenito invece ha avuto un percorso differente ed è stato affidato ad una casa famiglia dove resterà fino al compimento dei suoi 21 anni prima di passare in adozione a suo zio materno”.
Le vere vittime di questa terribile vicenda, oltre alla malcapitata Nunzia, sono i bambini e lo Stato forse non fa abbastanza per fornire loro il supporto adeguato, sia economico che psicologico.
“Quello che è successo a Nunzia mi dà, oggi – prosegue Giovanni – la forza di gridare alla denuncia. Vorrei un mondo migliore per i miei figli e i miei nipoti e questo passa anche attraverso l’informazione e la formazione.

Spesso mi invitano nelle scuole per ricordare Nunzia ma anche per trasmettere messaggi positivi e di speranza. I bambini e i ragazzi di oggi saranno gli uomini del futuro ed è importante, attraverso la collaborazione con i dirigenti scolastici, invitarli a fare delle riflessioni sul concetto di amore e sul ruolo della donna. A tal proposito preannuncio che il 10 giugno 2022 si terrà la seconda edizione del Premio Nunzia Maiorano, per la scuola, *Così muore Amore*”.

Giovanni è membro attivo dell’Osservatorio Nazionale Vittime di Violenza (www.osservatoriovittime.com) presieduto dall’avv. Elisabetta Aldrovandi. “Credo che una Giustizia davvero giusta non possa prescindere – spiega il fratello di Nunzia – per essere tale, dalla tutela dei diritti della Vittima del reato durante il procedimento penale e dopo, quando deve ricominciare una nuova esistenza molto diversa da quella che aveva desiderato. Troppo spesso le Vittime restano in attesa di una giustizia che punta la lente sul reo dimenticandosi di loro. Troppo spesso sono proprio loro a subire una condanna all’ergastolo (quello del dolore), mentre chi ha strappato la vita dei loro cari sconta pene inique o non le sconta affatto”.

Salvatore Siani non ha mai manifestato pentimento per l’accaduto. Per il giudice del primo grado – che ha escluso la seminfermità dell’imputato – non si sarebbe trattato di un omicidio premeditato: “Siani possedeva una pistola e se avesse premeditato il delitto avrebbe agito in altro modo, con l’arma o con un coltello ma in circostanze diverse, atte a limitare la difesa della vittima. Invece la sua azione è stata impulsiva di fronte all’ennesimo atteggiamento sfuggente e insofferente da parte della moglie”, si legge nelle motivazioni che continuano a far discutere.

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