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Crac Fonditori, in 33 verso il processo a Salerno Cronaca 

Crac Fonditori, in 33 verso il processo a Salerno

Imprenditori, professionisti, consulenti: sono in 33 a rischiare il processo per la bancarotta della “Fonditori di Salerno scpa”, le fonderie di località Cupa Siglia dichiarate fallite nel marzo del 2014 e che secondo la Procura sono state portate al dissesto attraverso un giro vorticoso di fatturazioni fittizie e distrazioni di denaro. La richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata nei confronti degli amministratori che si sono succeduti alla guida dal 2005 al 2012, del collegio dei sindaci, dei consulenti che avrebbero contribuito all’illecito e dei titolari di quelle imprese “cartiere” («senza né sede né personale» scrivono gli inquirenti) di cui l’unica traccia operativa è nell’emissione delle fatture che servivano alla Fonditori per ottenere anticipazioni bancarie. Per alcuni si aggiunge, ai reati finanziari, l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta e agli illeciti tributari. È il caso di Serafino Giunta e Giuseppe Raimo (presidenti del consiglio d’amministrazione), degli imprenditori Gabriele e Antonella Langella , Anna Celentano , Giosuè e Maurizio Ventura , del consulente Giovanni Carullo (che teneva le scritture contabili di presunte società cartiere), dell’ingegnere Ermanno Freda (già consigliere d’amministrazione dell’interporto e indagato per l’attestazione di una resa di materiale difettoso che non sarebbe mai esistito), del commercialista Pellegrino Barbato (già amministratore unico della municipalizzata Salerno Pulita) che nel 2010 stilò per conto di Fonditori un piano di risanamento ritenuto viziato da dati fasulli e risulta inoltre partecipe di una ricapitalizzazione finita anch’essa sotto i riflettori della Guardia di finanza. Secondo la Procura vi è stato «un piano fraudolento teso alla distrazione del patrimonio; un giro di fatture per oltre 78 milioni di euro, che certificava compravendite di materiale mai avvenute e consentiva alla società poi fallita di gonfiare i fatturati e richiedere agli istituti di credito, sulla base di bilanci “taroccati”, ulteriori finanziamenti e ampliamenti di fidi. Il meccanismo si articolava in tre fasi: richiesta di prodotti da parte delle società cartiere alla Fonditori, conseguente ordine di materiale dalla Fonditori a società “collaboratrici” (spesso dello stesso gruppo delle cartiere), infine fatturazione e pagamento. Tutto, però, sarebbe avvenuto solo sulla carta. Non solo. «La società fallita – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – sistematicamente vendeva alle società cartiere ad un valore più basso rispetto al proprio prezzo di acquisto stabilito con le società collaboratrici, situazione che portava a un sistematico svuotamento delle casse aziendali». Le somme distratte sono calcolate in poco meno di 11 milioni di euro. Un giro di soldi di cui gli imputati saranno chiamati a rendere conto mercoledì prossimo nell’udienza preliminare, quando i difensori (nel collegio, tra gli altri, Giovanni Annunziata , Paolo Carbone e Michele Tedesco ) potranno scegliere riti alternativi o chiedere il non luogo a procedere. In aula ci sarà anche il curatore fallimentare Luigi Amendola , per la costituzione di parte civile. Nei mesi scorsi, dopo vari tentativi andati a vuoto, l’azienda è stata venduta all’asta, per 4 milioni e 750mila euro, alla srl Fonderie di Salerno di proprietà della famiglia Pisano (la stessa dell’impianto di Fratte) che dopo il crac l’aveva già rilevata in fitto. Fonte: La Città di Salerno

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