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Crac Amato, la Procura: condannate Paolo Del Mese a 7 anni di reclusione Cronaca Primo piano Provincia Provincia e Regione 

Crac Amato, la Procura: condannate Paolo Del Mese a 7 anni di reclusione

Crac pastificio Amato: per il pg Antonella Giannelli è troppo lieve la condanna a 4 anni che è stata inflitta a Paolo Del Mese con la sentenza di primo grado. Ieri, al termine della breve requisitoria davanti ai giudici della Corte di appello di Salerno dove si sta celebrando il processo di secondo grado, il sostituto procuratore generale ha parlato di una condanna di primo grado «sproporzionata rispetto alla gravità dei fatti, pluralità degli episodi ed intensità del dolo. La pena si è tenuta molto vicina al minimo edittale e lontana dalla richiesta che fu del pm (8 anni)». E il pg, condividendo l’impugnazione del pm, ha chiesto ai giudici d’appello la rideterminazione della pena nei confronti dell’ex parlamentare a 7 anni di reclusione oltre le pene accessorie e il risarcimento dei danni in favore della parte civile (la curatela della Spa). Per quanto riguarda gli altri imputati, Antonio Anastasio, Mirko Mannaro, Marcello Mascolo, Alfredo Delehaye, Pietro Vassena, la conferma della sentenza di primo grado emessa ad aprile di quattro anni fa: 3 anni per Anastasio; 2 anni per Mannaro; 1 anno e 6 mesi per Mascolo e Delehaye ed 1 anno per Vassena (rinunciando, quindi, all’appello del pm) chiedendo anche la conferma delle assoluzioni di primo grado per gli altri imputati (una ventina furono le assoluzioni) oltre che per alcuni capi d’imputazione nei confronti di chi è stata chiesta la condanna bis. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, anomale sarebbero state una serie di operazioni effettuate da una società vicina al collasso: da qui la contestazione di ipotesi di reati fallimentari di natura distrattiva e dissipativa che avrebbero contribuito – se non addirittura determinato sempre secondo le accuse – il tracollo del pastificio. In particolare, le investigazioni condotte dalle Fiamme Gialle avrebbero rivelato che le casse del pastificio Amato sarebbero state fatte oggetto di una «sistematica e continua opera di svuotamento a favore di soggetti che non avevano titolo alcuno a ricevere denaro ovvero a favore di professionisti che, pur in presenza di un titolo commerciale astrattamente idoneo a giustificare la ricezione di compensi per prestazioni rese, ne hanno ricevuti in misura ritenuta assolutamente non congrua rispetto alle prestazioni stesse». Un fallimento-scrive il Mattino-, per la procura salernitana, per «difetto di professionalità» per un’azienda «annaspata in un’affanosa ricerca di denaro al punto di ricorrere a false fatture». Per i consulenti della procura, gli amministratori dell’Amato Spa già da dicembre 2005 erano consapevoli della situazione di predissesto della società e, ancor di più, negli anni successivi tanto che nel 2009 si sarebbe dovuto addirittura chiudere. Il tentativo di una nuova ricapitalizzazione, attraverso la vendita del vecchio pastificio all’Amato Re (2006), sarebbe stata un’operazione valida con l’intervento di estranei e non degli stessi Amato. Ora dopo la requisitoria del Pg pronunciata ieri la parola, ad ottobre prossimo, passerà alle arringhe difensive (nel collegio, tra gli altri, gli avvocati Paolo Carbone, Carlo Di Ruocco, Felice Lentini, Massimo ed Emiliano Torre, Paolo Toscano, Antonio Boffa) per fare il punto sulle risultanze delle consulenze difensive disposte ed illustrate nel processo d’appello.

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