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Accadde oggi: l’8 luglio 1978 il partigiano Sandro Pertini diventa il settimo presidente della Repubblica Attualità 

Accadde oggi: l’8 luglio 1978 il partigiano Sandro Pertini diventa il settimo presidente della Repubblica

Accadde oggi: l’8 luglio 1978 (42 anni fa) Sandro Pertini venne eletto Presidente della Repubblica dal Parlamento in seduta comune, diventando il primo socialista in Italia a ricoprire tale incarico. Le votazioni per la scelta del nuovo Capo dello Stato erano iniziate il 29 giugno precedente in seguito alle dimissioni di Giovanni Leone che, travolto dallo scandalo Lockheed, aveva deciso di dimettersi dalla carica presidenziale. Era uno dei periodi più difficili della storia del nostro paese. Due mesi prima il leader della Democrazia Cristiana Aldo Moro era stato ucciso dalle Brigate Rosse dopo 55 giorni di prigionia e le istituzioni repubblicane ne uscirono sconvolte, dopo quasi due mesi di divisioni tra coloro che erano disposti a trattare per la liberazione di Moro e coloro che invece rifiutavano di scendere a patti con i terroristi. Era necessario quindi dare all’Italia un presidente di alto profilo e di grande carisma che fosse in grado di unificare un paese diviso politicamente e da troppo tempo scosso dal terrorismo rosso e nero.

All’insaputa dello stesso PertiniBettino Craxi, segretario del Partito Socialista Italiano, decise di candidarlo alla presidenza il 2 luglio, trovando il riscontro positivo dell’ala sinistra della DC, coordinata da Benito Zaccagnini e del Partito Comunista, guidato da Enrico Berlinguer. Non contento della mossa a sorpresa di CraxiPertini decise di ritirare la propria candidatura, ma nei giorni successivi il suo nome tornerà alla ribalta in seguito alla bocciatura delle candidature, presentate il 3 luglio di VassalliLa Malfa e Giolitti; il primo, candidato da socialisti e ala destra della DC mal visto dal PCI per aver difeso nel ruolo di avvocato alcuni imputati nello Scandalo Lockheed, gli altri due, sostenuti rispettivamente da Partito Repubblicano e socialisti. In seguito allo stallo che si venne a creare dopo la bocciatura di queste candidature e di quelle di Gonella, Amendola e Nenni, allo scopo di uscire dall’impasse, il Partito Comunista annunciò di essere disposto a sostenere la candidatura di Pertini, cosa che ricevette il benestare dell’ala sinistra della Dc, diretta da Zaccagnini e del Partito Socialista, che abbandonò l’idea di votare Giolitti per garantire l’elezione di un altro socialista.

Il partigiano Sandro Pertini diventava il settimo presidente della repubblica italiana, il primo socialista ad ottenere tale incarico dopo essere già stato il primo esponente dello stesso partito a presiedere la Camera dei Deputati.

 

Alessandro Pertini nacque il 25 settembre 1896 a San Giovanni, una frazione del comune di Stella, in provincia di Savona, in una famiglia benestante, in quanto il padre era proprietario terriero. Nel corso della Prima Guerra Mondiale partecipò ai combattimenti nella zona dell’Isonzo, cosa che gli permise di essere insignito della medaglia d’argento al valor militare. Negli anni venti dopo essersi laureato in giurisprudenza e in scienze politiche, si iscrisse al Partito Socialista di Filippo Turati e fu fin da subito grande oppositore del Fascismo, tanto che nel 1925, dopo una condanna a otto mesi di carcere per il suo impegno politico, fu costretto a stabilirsi in Francia dove, mentre lavorava continuava la sua attività politica. Rientrato in Italia nel 1929, venne nuovamente arrestato e condannato a prima 11 anni di reclusione, poi al confino. Dopo essere tornato in patria nel 1943 e aver ricostituito, con Nenni, il Partito Socialista, l’anno successivo venne arrestato dalle SS e condannato a morte dopo essere stato arrestato nel corso di una battaglia contro le truppe tedesche per la difesa di Roma. Riuscì ad evadere dal carcere con Giuseppe Saragat e altri prigionieri politici e in seguito partecipò, in molte regioni d’Italia, alle lotte di liberazione partigiane contro l’occupazione tedesca, impegno per il quale alla fine della guerra fu insignito della medaglia d’oro al valor militare.

Dopo aver partecipato ai lavori dell’Assemblea Costituente venne eletto senatore nelle file dei socialisti nel corso della prima legislatura, poi dal 1953 divenne deputato, incarico che mantenne fino alla sua elezione a capo dello stato. Dal 1968 al 1976 ricoprì per due legislature consecutive, il ruolo di Presidente della Camera dei Deputati.

Nel corso del settennato della presidenza di Pertini, molti sono stati gli avvenimenti che hanno interessato l’Italia. Dal processo di integrazione europea, che proprio in questi anni fece dei grandi passi in avanti, con l’entrata in vigore dello Sme e le prime elezioni a suffragio universale del parlamento europeo nel 1979 e il vertice di Milano del 1985, nel corso del quale venivano prese le decisioni ratificate l’anno successivo con l’Atto Unico Europeo. Durante questi sette anni, però, sono avvenuti anche alcuni dei casi più misteriosi della storia italiana, a cominciare dalle stragi di Ustica e di Bologna del 1980 a quella del Rapido 904, che nel dicembre 1984 causò 17 vittime e centinaia di feriti.

 

Nonostante i tragici eventi che hanno caratterizzato gli anni della sua presidenza, Sandro Pertini seppe riaccendere nel popolo italiano quella fiducia nelle istituzioni che da molto tempo era stata persa. caratterizzato da un grande coraggio e da un forte spiritò di legalità, più volte denunciò apertamente il terrorismo e la criminalità organizzata. Famosi sono diventati i suoi discorsi, in particolare quello che fece dopo il terremoto dell’Irpinia che nel 1980 sconvolse il sud Italia causando quasi tremila morti e il suo viaggio a Vermicino, dove dopo aver parlato con il piccolo Alfredino Rampi, bloccato in un pozzo disse di aver sentito la voce di un ragazzo con un coraggio eccezionale. Gli italiani ricordano anche l’esultanza di Pertini in seguito alla vittoria della nazionale di calcio italiana ai mondiali del 1982, immortalate dalle telecamere.

Sandro Pertini rimase in carica fino al 29 giugno, 1985, quando, a pochi giorni dalla scadenza del mandato presidenziale si dimise permettendo a Francesco Cossiga, appena eletto suo successore di insediarsi in anticipo al Quirinale. Come previsto dalla costituzione divenne senatore a vita, partecipando per qualche anno ai lavori parlamentari. Nel 1987, durante i funerali del generale Giorgeri, ucciso dalle Brigate Rosse ebbe un malore dal quale si rimise completamente e dopo il quale continuò la sua attività politica. Morì il 23 febbraio 1990 a Roma all’età di novantatré anni per delle complicazioni conseguenti a una caduta di alcuni giorni prima.

Quel giorno se ne andava colui che gran parte dell’opinione pubblica aveva definito come il più grande presidente della repubblica italiana e uno dei migliori politici del dopoguerra

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