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Accadde oggi: il 7 settembre 1953 Kruscev al comando dell’Urss: fu l’uomo che accusò Stalin e portò il mondo sull’orlo di una guerra atomica con i missili a Cuba Attualità 

Accadde oggi: il 7 settembre 1953 Kruscev al comando dell’Urss: fu l’uomo che accusò Stalin e portò il mondo sull’orlo di una guerra atomica con i missili a Cuba

Accadde oggi; il 7 settembre del 1953 Nikita Kruscev diventa segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e subito dopo avvia un graduale processo di “destalinizzazione” del paese. In particolare riabilita gli epurati e i deportati nei gulag, mille dei quali alla fine del 1953 faranno ritorno a casa. Il processo di destalinizzazione raggiunge la sua fase più acuta nel febbraio del 1956, quando Kruscev, con un rapporto segreto al XX congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, denunzia i crimini di Stalin e i danni arrecati all’URSS dal culto della personalità.

Osannato mentre era al potere, finì in disgrazia dopo la caduta. Con la perestrojka di Gorbaciov tornò sugli altari, anche perché l’allora segretario generale del Pcus aveva bisogno di un precedente. Ora si guarda con una certa obiettività critica all’azione del Contadino che divenne padrone assoluto di tutte le Russie, che denunciò Stalin ma poi represse la rivolta d’Ungheria e portò il mondo sull’orlo della guerra atomica cercando di installare i missili a Cuba.
La lotta per la successione di Stalin si scatena fra Beria. il potentissimo capo dell’Mvd (poi Kgb), e gli altri componenti il presidium del governo, Malenkov, Bulganin, Kaganovich, Molotov e Nikita Kruscev, primo segretario del Comitato centrale. Beria viene eliminato. Le accuse sollevate dagli altri contro di lui sono sintomatiche: tentativo di normalizzare i rapporti con la Jugoslavia di Tito; proposta di non forzare la costruzione del socialismo nella Germania Est: amnistia troppo ampia dopo la morte di Stalin; gestione «personale» dell’apparato poliziesco, dietro le spalle di Stalin.

E’ solo in un secondo momento che Kruscev e gli altri cominciano a parlare di destalinizzazione. Negli anni Trenta e durante la guerra hanno partecipato alle repressioni di massa. Hanno approvato entusiasticamente i processi-farsa (Molotov, in particolare), sono stati la longa manus di Stalin nelle repubbliche autonome (Kruscev). Non hanno fiatato di fronte alle grandi deportazioni del ’45-’46, agli arresti, alle esecuzioni. Kruscev propone un’inchiesta sull’attività di Stalin. «Adesso possiamo essere noi gli accusatori. Se stiamo zitti, la verità comunque uscirà fuori un giorno e noi finiremo sul banco degli imputati».

Gli altri si oppongono, soprattutto Malenkov: «Indagare su Stalin vuol dire rivedere tutti i risultati ottenuti dall’Urss fino a oggi. A cosa serve? Dove ci porterà? Perché rivolgersi al passato?». Ci si accorda sulla proposta di esaminare solamente «alcune palesi violazioni delle norme socialiste», per le quali le colpe principali andavano attribuite a Beria.

Una commissione prepara il rapporto. Ma alla seduta del Presidium scoppia un putiferio: il rapporto cita direttive indirizzate da Stalin a Molotov, a Kaganovich e ad altri: vi si ordinano «azioni fisiche» contro gli avversari. Il rapporto viene purgato. Alla vigilia del congresso, ci si accorda su un testo. Poi. durante i lavori. Kruscev decide di leggere personalmente il rapporto e lo amplia, lavorando segretamente

con alcuni collaboratori. Il 24 febbraio il XX congresso si chiude, parecchi delegati sono già tornati in albergo. Vengono avvisati che l’indomani ci sarà una nuova seduta, a porte chiuse, senza delegazioni straniere, senza invitati. Il 25 Kruscev parla per quattro ore e va ben al di là di quanto concordato con gli altri membri del Cc. Fa però attenzione a non esagerare: all’origine delle «degenerazioni» non c’è il bolscevismo, ma l’arbitrio di Stalin.

Kruscev non riabilita le vittime dei grandi processi, come Bukharin. Dice solo che condannarli a morte è stato un errore. Ci si accorda sulla massima segretezza, per non danneggiare l’immagine dell’Urss all’estero: il rapporto sarà discusso all’interno del partito, sarà consegnato (in versione purgata) alle delegazioni dei partiti fratelli, ma con il vincolo della riservatezza.

Invece, quasi subito, le voci cominceranno a circolare e il testo del rapporto Kruscev finirà nelle mani della Cia e poi sul «New York Times». Un milione di zek (reclusi) usciranno dai gulag. Molti, all’interno della cortina di ferro, crederanno che l’epoca delle repressioni sia finita per sempre. E sbaglieranno. Così come sbaglieranno gli ungheresi che verranno subito riportati sulla retta via dai tank sovietici. Così come sbaglieranno tutti coloro che finiranno nei «nuovi» gulag di Kruscev (e poi di Breznev) e nelle corsie psichiatriche, inventate proprio dal Contadino che aveva accusato Stalin.

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Soprannominato ?il contadino? per via delle sue umili origini, Nikita Kruscev arriva a Mosca nel 1939 dalla lontana Ucraina per volere dello stesso Stalin, e diventa membro effettivo del Politburo del partito comunista. Sarà il commissario politico di Stalingrado durante l’invasione tedesca nonché responsabile dell?organizzazione delle bande partigiane, e alla fine della guerra, per i meriti conquistati sul campo verrà nominato presidente del Consiglio della repubblica e si vedrà affidata la ricostruzione nella natia Ucraina. Tornerà a Mosca solo nel 1953 per diventare Primo Segretario del Comitato centrale del partito, su proposta di Georgij Malenkov

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Kruscev propone un’inchiesta sull’attività di Stalin. «Adesso possiamo essere noi gli accusatori. Se stiamo zitti, la verità comunque uscirà fuori un giorno e noi finiremo sul banco degli imputati».

Gli altri si oppongono, soprattutto Malenkov: «Indagare su Stalin vuol dire rivedere tutti i risultati ottenuti dall’Urss fino a oggi. A cosa serve? Dove ci porterà? Perché rivolgersi al passato?». Ci si accorda sulla proposta di esaminare solamente «alcune palesi violazioni delle norme socialiste», per le quali le colpe principali andavano attribuite a Beria.

Una commissione prepara il rapporto. Ma alla seduta del Presidium scoppia un putiferio: il rapporto cita direttive indirizzate da Stalin a Molotov, a Kaganovich e ad altri: vi si ordinano «azioni fisiche» contro gli avversari. Il rapporto viene purgato. Alla vigilia del congresso, ci si accorda su un testo. Poi. durante i lavori. Kruscev decide di leggere personalmente il rapporto e lo amplia, lavorando segretamente

con alcuni collaboratori. Il 24 febbraio il XX congresso si chiude, parecchi delegati sono già tornati in albergo. Vengono avvisati che l’indomani ci sarà una nuova seduta, a porte chiuse, senza delegazioni straniere, senza invitati. Il 25 Kruscev parla per quattro ore e va ben al di là di quanto concordato con gli altri membri del Cc. Fa però attenzione a non esagerare: all’origine delle «degenerazioni» non c’è il bolscevismo, ma l’arbitrio di Stalin.

Kruscev non riabilita le vittime dei grandi processi, come Bukharin. Dice solo che condannarli a morte è stato un errore. Ci si accorda sulla massima segretezza, per non danneggiare l’immagine dell’Urss all’estero: il rapporto sarà discusso all’interno del partito, sarà consegnato (in versione purgata) alle delegazioni dei partiti fratelli, ma con il vincolo della riservatezza.

Invece, quasi subito, le voci cominceranno a circolare e il testo del rapporto Kruscev finirà nelle mani della Cia e poi sul «New York Times». Un milione di zek (reclusi) usciranno dai gulag. Molti, all’interno della cortina di ferro, crederanno che l’epoca delle repressioni sia finita per sempre. E sbaglieranno. Così come sbaglieranno gli ungheresi che verranno subito riportati sulla retta via dai tank sovietici. Così come sbaglieranno tutti coloro che finiranno nei «nuovi» gulag di Kruscev (e poi di Breznev) e nelle corsie psichiatriche, inventate proprio dal Contadino che aveva accusato Stalin.

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