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PERMESSI PREMIO DEMERITATI! L'Avvocato risponde 

PERMESSI PREMIO DEMERITATI!

Nella cronaca del nostro giornale le gesta rocambolesche di un detenuto in permesso premio, che ha ampiamente dimostrato di non meritarlo, commettendo numerosi reati: approfondiamo con l’avvocato Simone Labonia.

Negli ultimi anni, il tema dei permessi premio concessi ai detenuti ha suscitato un acceso dibattito, soprattutto quando alcuni di questi benefici sono stati seguiti da reati commessi durante o dopo la fruizione della libertà temporanea. Il permesso premio, previsto dall’art. 30-ter dell’Ordinamento Penitenziario, consente al detenuto che ha dato prova di partecipazione positiva al percorso rieducativo di uscire temporaneamente dal carcere, con l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale. Tuttavia, episodi di recidiva hanno sollevato interrogativi sulla corretta applicazione della normativa e sul ruolo della magistratura di sorveglianza.

La legge stabilisce requisiti stringenti per l’accesso ai permessi premio. Oltre ad aver scontato una parte significativa della pena (almeno un quarto della pena inflitta o metà in caso di recidiva), il detenuto deve dimostrare un comportamento esemplare e l’assenza di pericolosità sociale. Tuttavia, la valutazione di questi elementi è spesso complessa e lascia margini di discrezionalità ai magistrati di sorveglianza.

Le critiche emergono quando i permessi vengono concessi a soggetti che, pur avendo rispettato formalmente i requisiti, si rivelano poi incapaci di gestire la temporanea libertà. Alcuni sostengono che questi episodi siano il risultato di una normativa troppo permissiva o poco chiara, mentre altri puntano il dito contro un’applicazione troppo indulgente da parte dei magistrati.

Le posizioni si dividono. Da un lato, chi ritiene necessaria una revisione della normativa propone l’introduzione di criteri più rigidi, in particolare per reati gravi o per soggetti con precedenti di recidiva. Dall’altro, vi è chi sostiene che il problema non risieda nelle leggi, bensì nella loro applicazione pratica. In questa ottica, i magistrati di sorveglianza dovrebbero adottare un approccio più cauto e approfondito nella valutazione del rischio individuale.

Un punto critico è rappresentato dalla difficoltà di prevedere comportamenti futuri basandosi solo sul comportamento intramurario. Il contesto carcerario, infatti, è profondamente diverso da quello esterno, e un detenuto che appare riabilitato all’interno delle mura carcerarie può incontrare difficoltà o tentazioni una volta fuori.

A livello europeo, la questione dei permessi premio è trattata con approcci differenti, ma il principio del reinserimento sociale rimane centrale. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea sottolineano il diritto del detenuto a un trattamento che miri alla rieducazione e al reinserimento. Tuttavia, gli Stati membri mantengono ampi margini di autonomia nella gestione delle politiche penitenziarie.

In alcuni Paesi, come la Germania e i Paesi Bassi, i permessi premio sono parte integrante di un sistema penitenziario orientato alla resociallizzazione, ma vengono concessi con un rigoroso controllo e monitoraggio, anche attraverso dispositivi elettronici di sorveglianza. L’Italia, in confronto, presenta un sistema meno tecnologico e più basato sulla fiducia nei percorsi rieducativi individuali.







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