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Operata, colon perforato: risarcita dopo 11 anni. Ma c’è un eventuale ricorso Provincia e Regione 

Operata, colon perforato: risarcita dopo 11 anni. Ma c’è un eventuale ricorso

Dopo oltre dieci anni vince il round in Tribunale e viene risarcita per la perforazione del colon. Ora però c’è il secondo grado di giudizio. Una donna originaria di Eboli che si sottopose nel mese di giugno di 11 anni fa ad un intervento in una struttura agropolese per l’asportazione di un polipo peduncolato subì la perforazione del colon presso una clinica per un esame di polipectomia endoscopica.

L’obiettivo della visita con il chirurgo, che poi la seguì in sala operatoria, era finalizzata all’asportazione di un polipo peduncolato del diametro di circa due centimetri. La donna ci finì poi sotto i ferri. Il polipo le fu asportato, ma pare che i ferri toccarono anche il colon e la paziente si ritrovò con una acuta peritonite stercoracea. Patologia che nel 2013, tre anni dopo, denuncerà la paziente, sostenendo di essere stata vittima di negligenza medica. E chiedendo un giusto indennizzo per l’errore medico di cui sarebbe stata vittima. Per la donna operata, i giorni successivi al passaggio nella sala operatoria, furono un autentico calvario. Quarantottore dopo iniziò a lamentare dolori addominali con febbre e vomito, ma i sintomi furono attribuiti ad una banale influenza. Quattro giorni dopo l’asportazione del polipo dovette ritornare in sala operatoria, stavolta all’ospedale civile di Agropoli, per un intervento di “laporoscopia mediana xifopubica”, per rimediare alla perforazione. Solo dopo un mese fu dimessa, dopo aver patito dolori atroci. Sul fronte strettamente legale, almeno in primo grado, la paziente ha avuto ragione ed il giudice Tabaschi ha accolto la sua domanda risarcitoria. Per il Tribunale civile di Salerno è accertata la responsabilità civile sia della Casa di cura sia del chirurgo che era alle sue dipendenze.

E li ha condannati entrambi, in solido, al pagamento in favore della paziente che subì la perforazione del colon al pagamento della somma di 186mila euro, a titolo di danno non patrimoniale, oltre agli interessi legali che nel frattempo, dalla richiesta risarcitoria, sono maturati. Al chirurgo e alla clinica, il giudice ha accollato anche le spese processuali sostenute dalla donna, che sono state liquidate in 13mila euro. La sentenza che condanna il camice bianco e l’azienda per la quale lavorava-scrive la Città – , è di primo grado, pertanto non è ancora definitiva, avendo le parti “sconfitte” ancora il tempo tecnico per ricorrere al giudizio dei giudici della Corte di Appello di Salerno .

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