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Muore a Londra il regista salernitano Aurelio Laino Attualità Provincia e Regione 

Muore a Londra il regista salernitano Aurelio Laino

Muore tra le braccia della moglie Elena Alessia Negriolli, nella loro casa di Sutton, nel Surrey, a poca distanza da Londra, il regista e produttore Aurelio Laino. Aveva 48 anni e nel 2018 aveva scoperto di avere una grave malattia. Nato nel 1972 a Salerno, si era trasferito a Trento nell’86 a seguito della famiglia: sua madre è la professoressa salernitana Luciana Grillo, docente di italiano e latino in vari licei e scrittrice, e del vicequestore Pietro Laino. Dopo la maturità scientifica conseguita al liceo Da Vinci, si era iscritto a ingegneria a Trento, laureandosi, ma nel frattempo la sua vena artistica e creativa aveva preso altre strade.

Buon batterista, aveva suonato in varei formazioni locali, come gli O.A., ed aveva ricoperto il ruolo di musicista-regista in alcune produzioni di musical trentine all’inizio degli anni Duemila, come Tommy e The Wall. Proprio grazie alla messa in scena di Tommy, entra in contatto con Tato Russo, direttore artistico del teatro Bellini di Napoli, che lo nota e lo vuole come suo assistente. Con Russo lavora per tre anni. Si interessa di teatro, ma soprattutto di video e documentari, e collabora coin il Trento Film Festival. E nel 2006, comprendendo quanto il Trentino gli vada stretto per crescere, va a Roma, a studiare sceneggiatura e scrittura per televisione allo Ied.

Nel 2010 vince un posto alla London Film Academy e si trasferisce nella capitale inglese per un anno, con studenti da tutto il mondo. In quel periodo, tra i grandi registi che gli fanno da tutor, c’è anche Asif Kapadia, che nel 2016 avrebbe poi vinto l’Oscar per il miglior documentario con “Amy”, il docufilm dedicato alla vicenda artistica e umana della cantante Amy Winehouse. Torna a Trento, fonda la casa di produzione di documentari Decimarosa, ma ormai i suoi contatti migliori sono tutti in Inghilterra, e così, assieme alla fidanzata Elena, che è ormai diventata il suo braccio destro, nel giro di un paio di anni si trasferisce in maniera stabile a Londra, dove lavora a molti progetti, tra cui un documentario con Erri De Luca, il cortometraggio “Il turno di notte lo fanno le stelle” entrato nella shortlist per gli Oscar e vincitore del Tribeca Filmfestival a New York, ed altri lavori tra i quali “18 km”, sulla gara automobilistica Trento-Monte Bondone, trasmesso anche da Rai Sport, e da qualche anno era impegnato in un documentario sulla genesi di “Bitches Brew”, il capolavoro di Miles Davis, assieme al musicologo trentino Enrico Merlin.

Nel 2018 aveva prodotto per Sky Arte “’68 – Pop Revolution” un documentario in quattro puntate che sondava il complesso fenomeno della rivolta giovanile intervistando molti protagonisti di quel periodo, da Mario Capanna a Paolo Pietrangeli, e che presentò in anteprima a Trento al Film Festival.

Un paio di anni fa, a seguito di un malore a Roma, dove si trovava per lavoro, aveva iniziato a sottoporsi a degli accertamenti clinici che gli avevano dato un responso infausto. Anche di fronte alle evidenti difficoltà di una scelta così radicale, aveva deciso di curarsi in Inghilterra, dove ormai si era spostata la sua vita professionale e affettiva. Ottimista, allegro e positivo di natura, era convinto di potercela fare e tornare al suo lavoro. Non aveva mai smesso di lavorare anzi, in tempi recenti aveva ricevuto un importante incarico per girare una nuova serie per la piattaforma Netflix. Ma la malattia purtroppo non si è fermata, e a luglio – presentendo forse la fine – si era sposato con la fidanzata Elena. Negli ultimi giorni la situazione clinica si era fatta sempre più grave e ieri, assistito dalla sua Elena fino agli ultimi istanti, si è addormentato per sempre. Il padre Pietro, la madre Luciana e il fratello Guido hanno preso il primo volto per Londra, per salutare per l’ultima volta Aurelio.

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