MATERNITÀ SURROGATA E VARIE NORMATIVE DEGLI STATI EUROPEI

Spesso assistiamo, come semplici spettatori, a dispute che coinvolgono fattori di tale importanza morale, da meritare un’attenzione particolare ed una più profonda partecipazione: nella ricerca di una soluzione condivisa dalla maggior parte della popolazione.

Che possa essere valida per tutti è un’utopia che, certamente, è lontana dalla reale possibilità di attuazione.
Una delle problematiche più attive, negli ultimi tempi, e che ha determinato e determina scontri istituzionali e di politiche governative, è quella riferita alla “maternità surrogata”, da molti ritenuta valida soluzione ai problemi di chi non può procreare autonomamente, mentre da altri considerata un’evenienza fortemente lesiva per la dignità delle donne.
Con tale termine si definisce quella pratica con cui una donna si impegna, contrattualmente, a gestire una gravidanza per conto di altri genitori “intenzionali”, che assumono quindi la veste di “committenti”.
Tale forma di accordo non è ritenuta legale nella maggior parte degli stati della Comunità Europea, ed consentita, come tale, solo nei Paesi Bassi, in Danimarca e Portogallo (oltre che nel Regno Unito, seppur fuori dalla Comunità). In Belgio viene praticata come forma altruistica, e solo per i residenti mentre, di recente, anche Ucraina, Grecia e Georgia hanno aperto la loro collaborazione, ma solo per le coppie eterosessuali e sposate, che abbiano problemi di salute documentati e che accertino la loro impossibilità ad una gravidanza naturale.
In Italia, la maternità surrogata è attualmente vietata dall’art. 12 della Legge 40/2004, cosa che ha determinato una fuga all’estero per chi voglia porre in essere soluzione ai propri problemi.
Questa obiettiva situazione di estrema confusione normativa, a livello comunitario, su un argomento così delicato, sta dando vita ad un animato conflitto politico ed istituzionale, nel tentativo di trovare una soluzione, che risulti al passo con i tempi.