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La rivelazione del pentito: «I Cesarano si imposero anche a Scafati» Primo piano Provincia e Regione 

La rivelazione del pentito: «I Cesarano si imposero anche a Scafati»

Il clan Cesarano di Ponte Persica voleva gestire anche il mercato della droga a Scafati. A spiegarlo è stato il pentito Andrea “Dario” Spinelli , nell’ambito dell’inchiesta che ha portato a fare luce sulla morte di Dino Faucitano, il 46enne ucciso il 26 aprile 2015 in piazza Falcone e Borsellino nella frazione San Pietro e che vede indagate 9 persone. Dal carcere di Cosenza nel frattempo anche Carmine “Bim bum bam” Alfano ha deciso di avvalersi della facoltà di non parlare, ma intanto a tirarlo in ballo è stato uno dei collaboratori di giustizia risultato decisivo nella ricostruzione dell’ultimo omicidio di camorra nella città dell’Agro. Oltre il delitto Faucitano, infatti, Spinelli ha raccontato ai magistrati di Salerno gli equilibri scafatesi sulle piazze di spaccio e le relative ambizioni dei clan. Tra queste spiccava sicuramente quella dei Cesarano, pronti a portare il proprio “modello” di gestione degli interessi criminali anche in provincia di Salerno. Spiegando i motivi che, qualche anno fa, hanno spinto Carmine Alfano ad aggredire “Dariuccio”. Infatti, il pentito ha svelato un retroscena ritenuto importante dagli inquirenti: la richiesta di una quota di denaro dei Cesarano sulle vendite di droga effettuate dalla famiglia di “Bim bum bam”, a quel tempo guidata dal padre Raffaele alias “Polvere di stelle” e da un altro figlio di quest’ultimo, Vincenzo. « Il Giovanni Cesarano mi disse che vi era un tale Lello che mi voleva parlare e mi condusse in un bar di Santa Maria la Carità », si legge nei verbali rilasciato l’11 ottobre 2017 dal pentito ai magistrati che hanno seguito l’inchiesta sul delitto Faucitano. Quel Lello era Raffaele Belviso , ritenuto uno degli ultimi capoclan del gruppo di Ponte Persica. Sarebbe stato proprio lui a fare una richiesta precisa a Spinelli durante il summit con Cesarano. « Non si parlò tanto di estorsioni, quanto di droga. In effetti il Lello sapeva che la cocaina a Scafati veniva trattata dalla famiglia Alfano, ovvero Raffaele e il figlio Vincenzo, mentre Carmine, l’altro figlio di Raffaele, era in carcere. Lello voleva che io andassi a parlare con gli Alfano a Scafati per dirgli che dovevano passare una quota del loro guadagno sulla droga del clan Cesarano ». A Pompei, dunque, le idee sarebbero state chiare. « Sempre Lello mi disse che se per esempio vendevano 40 euro al grammo o dose, dovevano aggiungere un euro per destinarlo a loro », ha continuato Spinelli. « Io inizialmente rifiutai, perché non stavo in buoni rapporti con Alfano, però, qualche giorno dopo, insieme a Giovanni Cesarano ci recammo presso l’agenzia di noleggio auto degli Alfano in via Martiri d’Ungheria ». Ma il confronto tra clan sarebbe avvenuto, secondo il racconto di Spinelli, solo a casa del fratello di Carmine Alfano, in via Berardinetti, in una giornata dell’agosto 2016. Così Cesarano ha fatto chiarezza sul discorso sul guadagno che da Ponte Persica si pretendeva sulla droga venduta a Scafati. « Disse che loro si erano fatti anni di carcere che sulla zona di Santa Maria la Carità, Pompei e ora Scafati c’erano loro ». Gli Alfano, tuttavia, avrebbero tentato di rifiutare la richiesta. Nonostante questo, però, a prevalere sarebbe stata la volontà del boss di Pompei. Un incontro che ha poi scatenato l’aggressione, all’interno del carcere di Salerno, subita da Spinelli per mano di Carmine Alfano. In quell’occasione, “Bim bum bam” si sarebbe tradito sull’omicidio dell’aprile 2015. « Mi disse che mi avrebbe fatto fare la fine di quell’altro, solo che per me avrebbe preso la mitraglietta. Io capì subito che Alfano intendeva riferirsi al Faucitano. Qualche giorno dopo Carmine si era detto molto preoccupato per quella frase». Fonte: la Città di Salerno

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