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Il proiettile e l’autogiustificazione Attualità 

Il proiettile e l’autogiustificazione

Rileggendo in questi giorni il romanzo “fine van Brooklyn” dello scrittore finlandese Mika Waltari mi sono soffermato sulla sorprendente coesistenza tra l’organismo umano ed un oggetto estraneo: una pallottola, un proiettile una pinzetta distrattamente lasciata per imprudenza dal chirurgo durante un intervento ed ha trasformato il dato in una metafora per poi svilupparla concettualmente.L’organismo umano isola il proiettile che non si è’ riuscito ad estrarre, formandogli uno strato di calcio in modo che non costituisca più’ un fastidioso elemento estraneo ma finisce semplicemente per sparire nel suo incolucrobprotettivo.L’anima umana funziona allo stesso modo: crea gradualmente intorno ai Nostri errori, alla Nostre delusioni ed ai Nostri dolori gli strati protettivi dell’oblio del resettare, isolandoli in tale modo dalle azioni e dai pensieri della vita quotidiana.Una operazione positiva a tratti salvifica quando ci si deve liberare dal desiderio di vendetta o di un dolore tragico o anche di un ricordo che ci ha ferito ma che poi si è’ innestato nella Nostra esperienza come una lezione di vita.Tale fenomeno psicologico di autoconservazione segnalato dall’autore finlandese può’ avere pero’ un aspetto di ritorno negativo quando, alla fine, si ricoprono colpe o vergogne e la coscienza lentamente si ottunde, ignorando il male che è’ in noi.Tale ‘involucro protettivo’ diventa allora una Autogiusrificazione di comodo semplice che ci assolve dal peccato,cancella il Nostro rimorso e spegne l’aneliro ad una liberazione, ad una conversione autentica ad una una tranquillizzante purificazione.

Mario Valiante
(avvocato penalista e cassazionista)

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