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Il primo simulatore di eruzioni solari Lifestyle 

Il primo simulatore di eruzioni solari

Un team di scienziati coordinati da Mark Cheung, del Lockheed Martin Solar and Astrophysics Laboratory di Palo Alto (Usa), ha sviluppato la prima simulazione completa del ciclo di vita di un brillamento solare (flare): dall’accumulo di energia a migliaia di chilometri sotto la superficie della stella, all’emergere delle linee del campo magnetico intrecciate tra loro, fino al rilascio esplosivo di energia in un lampo estremamente brillante.

Il lavoro, pubblicato su Nature Astronomy, apre la strada allo sviluppo di nuovi modelli per lo studio in tempo reale di alcuni importanti fenomeni generati dalla nostra stella, come macchie e brillamenti. Questi ultimi, in particolare, sono importanti per l’impatto che possono avere sulle nostre tecnologie: il materiale espulso dalle esplosioni solari (atomi elettricamente carichi ed elettroni) può infatti causare diversi problemi, fino all’interruzione delle reti elettriche e di comunicazione terrestri, compromettere il funzionamento dei satelliti e mettere a rischio la Stazione spaziale e i suoi occupanti.

NELLE PROFONDITÀ DEL SOLE. «Siamo molto vicini a spiegare i brillamenti solari nella loro estrema complessità», rivela Mark Cheung, spiegando che la maggiore difficoltà del lavoro è consistita nell’elaborazione di un modello che comprendesse un certo numero di strati del Sole, ciascuno simulato nel suo complesso comportamento fisico e nelle interazioni con gli strati vicini.

Il modello descrive il comportamento di un settore che inizia nella parte superiore della zona di convezione solare (circa 10.000 chilometri al di sotto della superficie) e termina 40.000 km al di sopra della superficie, nell’atmosfera del Sole: uno spicchio di stella di circa 50.000 km che presenta, dall’inizio alla fine, enormi differenze di densità, pressione e altre caratteristiche.

IL FLARE DEL 2014. Il modello è stato messo alla prova su di un evento del 2014, sfociato in un brillamento che aveva preso avvio da una macchia particolarmente attiva e che aveva preoccupato non poco per le possibili conseguenze sulle nostre telecomunicazioni.

Gli scienziati hanno ricostruito le condizioni iniziali, e lasciato poi lavorare la simulazione per vedere che cosa sarebbe successo. «Il modello è stato in grado di ricostruire l’intero processo: dall’accumulo di energia nelle profondità del Sole fino alla superficie e al brillamento», conferma Matthias Rempel, del National Center for Atmospheric Research di Boulder (Usa). Il passo successivo sarà quello di inserire nel modello i dati a mano a mano che arrivano dai satelliti di studio e monitoraggio Sole, e verificare le sue previsioni sull’evoluzione dei fenomeni più energetici che avvengono sulla superficie della nostra stella.

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