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Il 19 marzo 2002 il giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Br a Bologna Primo piano 

Il 19 marzo 2002 il giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Br a Bologna

Accadde oggi: era il 19 marzo del 2002, 22 anni fa,  quando fu ucciso lo studioso Marco Biagi che voleva un mercato del lavoro più inclusivo Sapeva di essere un possibile bersaglio del terrorismo: dal Patto per il lavoro di Milano al Libro Bianco, la sua idea era modernizzare il diritto del lavoro, portandolo in Europa.

 Il ‘sincero riformista’ era Marco Biagi, professore di Diritto del lavoro, consulente del ministro del Welfare, Roberto Maroni, e del presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ucciso dalle Brigate rosse la sera del 19 marzo 2002, raggiunto da cinque colpi d’arma da fuoco, mentre faceva rientro nella propria abitazione nel centro storico di Bologna, a pochi passi dalle Due Torri. “Ci eravamo da poco salutati, alla stazione dei treni di Bologna, di ritorno da una normale giornata di lavoro trascorsa presso il nostro centro studi modenese”, ricorda Tiraboschi nel suo libro ‘Morte di un riformista’. Con quella manciata di proiettili finiva così prematuramente (Biagi aveva solo 52 anni) una vita e tutto quello straordinario impegno di studio e di ricerca che Marco Biagi, aveva dedicato a uno dei temi più spinosi per il nostro Paese: il lavoro. Voleva, Biagi, un mercato del lavoro più moderno, più inclusivo, voleva dare più spazio ai giovani e alle donne, ai gruppi che ne rimangono esclusi.E soprattutto voleva un mercato europeo: una caratteristica fondamentale, anzi il filo conduttore principale dell’opera di Marco Biagi, è stato infatti l’impegno nella comparazione e l’attenzione interdisciplinare coltivata con cultori di esperienze diverse. Perché al centro del mercato del lavoro, per Biagi, c’erano innanzitutto, le esigenze dell’impresa e il valore della persona. A partire dagli anni Novanta, Biagi, iniziò a collaborare con le istituzioni politiche, prima la Commissione europea, poi il governo. Fu consulente di diversi esecutivi, a prescindere dal colore politico: collaborò con i ministri del Lavoro Tiziano Treu, Antonio Bassolino e Roberto Maroni. Nel 2001, mentre con il governo Berlusconi era impegnato a elaborare una bozza di riforma del mercato del lavoro (‘Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità’), Biagi fu chiamato da Romano Prodi a occuparsi del futuro delle relazioni industriali, in un gruppo di studio istituito dalla Commissione europea.

Per la sua grande esperienza maturata sul campo del diritto del lavoro comparato, Biagi era molto conosciuto anche in Cina e in Giappone. La sua idea fissa era il ‘benchmarking’, una metodologia di studio basata sulla comparazione anche internazionale, nata in un contesto strettamente industriale, come metodo per migliorare la competitività delle imprese. Biagi, in maniera pionieristica, applicò l’esercizio del ‘benchmarking’, a 360 gradi, cominciando ad estenderlo anche alle politiche del lavoro in Europa e in Italia.  Per l’omicidio di Biagi, ucciso con la stessa arma utilizzata per il delitto di D’Antona, sono stati condannati all’ergastolo i brigatisti Diana Blefari Melazzi (suicidatasi in carcere nel 2009), Roberto Morandi, Nadia Desdemona Lioce e Marco Mezzasalma, mentre a Simone Boccaccini furono riconosciute le attenuanti generiche e la pena fu ridotta a 21 anni di reclusione. La Corte di Cassazione nel 2007 confermò la sentenza di secondo grado.

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