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Il 17 settembre 2009 un attentato a Kabul uccide sei italiani Attualità 

Il 17 settembre 2009 un attentato a Kabul uccide sei italiani

Accadde oggi: era il 17 settembre 2009, 14 anni fa, quando sei paracadutisti italiani morirono a Kabul per mano di un attentato dei talebani.

E’ quasi mezzogiorno nella capitale afghana quando si scatena l’inferno. Sulla strada per l’aeroporto, un’auto con 150 chili di esplosivo si lancia contro due blindati italiani. Lo scoppio si sente a chilometri di distanza. Muoiono sei paracadutisti della Folgore, altri quattro militari (tre paracadutisti e un aviere) restano feriti. Molte sono le vittime anche tra i civili, oltre 20 afgani che affollavano un mercato vicino vengoni uccisi e altri 60 feriti. Due soldati appena rientrati dalla licenza. Il convoglio assaltato rientrava al quartier generale del contingente Isaf dopo aver raccolto all’aeroporto un paio di paracadutisti appena sbarcati dall’aereo che li riaccompagnava a Kabul al termine di una licenza in Italia. All’altezza del check point che controllava il traffico verso l’aeroporto, la Toyota bianca carica di esplosivo si  lancia contro il primo mezzo del convoglio. Fu una carneficina. Nessun soldato a bordo di quel blindato aveva avuto scampo. Le fiamme avevano raggiunto anche il secondo Lince, sul quale era morto un altro soldato e  rimasti feriti gravemente i quattro commilitoni che erano con lui.

Appartenevano ai paracadutisti di stanza a Pisa. Quattro caporal maggiore; un sergente maggiore, e il tenente che comandava i due blindati. Il tenente Antonio Fortunato, 35 anni, originario di Lagonegro (Potenza); il primo caporal maggiore Matteo Mureddu , 26 anni, di Solarussa, un piccolo paese sardo in provincia di Oristano; il primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, 26 anni, nativo di Glarus (Svizzera); il sergente maggiore Roberto Valente 37 anni di Napoli, il primo caporal maggiore  Massimiliano Randino, 32 anni salernitano; il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, 26 anni di Orvieto. Un’esplosione devastante. Decine di veicoli avevano preso fuoco. Lo scoppio era stato così violento che sull’asfalto aveva provocato un cratere profondo quasi un metro. Khuja Hedayatullah si trovava nel bazar a pochi metri di distanza dal luogo dell’attentato. L’attentato era stato rivendicato dai Taliban. Sul sito ufficiale dei militanti c’era scritto con tono trionfalistico: “Guidava l’autobomba un eroe dell’emirato islamico, il mujahid Hayatullah”.

La giornalista scampata all’attentato. I due blindati Lince stavano rientrando dall’aeroporto al quartier generale del contingente in compagnia di due commilitoni appena rientrati dall’Italia. Cristina Balotelli, giornalista di Radio24-Il Sole 24 Ore, era arrivata all’aeroporto di Kabul sullo stesso volo sul quale avevano viaggiato i soldati. All’uscita dallo scalo c’erano i paracadutisti. Stavano caricando i bagagli in un container quando fu sentito il rumore sordo di un’esplosione in lontananza e nel cielo si innalza a una colonna di fumo verso il cielo.

 

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