Il 15 maggio di 33 anni fa l’Armata Rossa avvia il ritiro dall’Afghanistan
Accadde oggi. il 15 maggio 1988, 33 anni fa e dopo 9 di conflitto, l’Armata Rossa sovietica iniziò le operazioni di disimpegno dall’Afghanistan di circa 100.000 uomini di svariate divisioni, brigate e reggimenti d’assalto, mezzi blindati e corazzati, squadroni di caccia e di elicotteri d’attacco, consulenti militari, personale del GRU e del KGB; la maggior parte dell’esercito sovietico era dispiegata nelle grandi città e negli aeroporti principali, dai quali partivano i “raid senza quartiere sulla popolazione”, tutti situati nelle province orientali.
Gli accordi di Ginevra del 1988 tra Afghanistan e Pakistan, con l’URSS e gli Stati Uniti come garanti, posero fine all’intervento sovietico nella guerra civile afgana e stabilirono un meticoloso piano di ritiro, elaborato dallo Stato Maggiore sovietico, che attraverso una completa copertura aerea e il fuoco di sbarramento delle batterie di artiglieria intendeva limitare ulteriori perdite – si registrarono tuttavia 500 caduti.
La ritirata si concluse il 15 febbraio dell’anno seguente, quando l’ultimo generale lasciò la “tomba degli imperi”: lo precedeva una lunga fila di blindati e di uomini con il kalashnikov in spalla, la tel’njaška sotto la mimetica, il volto segnato e tanti compagni lasciati sul campo. Quell’immagine fu il simbolo della vittoria dei mujaheddin, che combattendo una guerra di liberazione, e “per procura” allo stesso tempo, poterono festeggiare la cacciata del secondo esercito più potente del mondo dalla loro terra.