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Il 15 agosto di 77 anni fa la resa del Giappone Attualità 

Il 15 agosto di 77 anni fa la resa del Giappone

Accadde oggi: il 15 agosto del 1945 (77 anni fa), dalle radio di milioni di persone in tutto il Giappone uscì per la prima volta la voce dell’imperatore Hirohito, che usando un lessico ormai in disuso da alcuni decenni, quello del giapponese classico, annunciò ai «buoni e fedeli sudditi» che «dopo aver considerato a lungo» la situazione mondiale e nel paese, aveva deciso di «ricorrere a una misura straordinaria». In quella che oggi viene ricordato come gyokuon-hōsō, la Trasmissione della voce del Gioiello, Hirohito disse che continuare la guerra che andava avanti da quattro anni avrebbe portato non solo alla fine del Giappone, ma «alla distruzione totale della civiltà umana». Pochi giorni dopo le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, e in seguito all’invasione sovietica in Manciuria, colonia imperiale in Cina, Hirohito stava annunciando che aveva accettato i termini della dichiarazione di Potsdam, firmata qualche settimana prima dai paesi Alleati. Ma quel linguaggio desueto, e l’omissione di parole come “resa” o “sconfitta”, fecero sì che la maggior parte dei giapponesi non capì esattamente cosa fosse appena stato annunciato. Un presentatore prese la parola dopo l’imperatore, per chiarire il messaggio: il Giappone si era arreso, e la guerra era finita. Dopo il discorso di Hirohito, la maggior parte dei giapponesi si ritirò in casa per assorbire l’annuncio. La cultura militare giapponese era ancora fortemente influenzata dagli ideali cavallereschi del “bushido”, l’antico codice dei samurai, che preferivano la morte all’umiliazione della sconfitta. Il Giappone, d’altronde, non era mai stato invaso e non aveva mai perso una guerra, nella sua lunga storia. I mesi precedenti avevano stravolto i valori della leadership militare e soprattutto della popolazione giapponese, che ormai sperava soltanto nella fine di una guerra che sembrava da tempo irrimediabilmente persa.

Nonostante una parte della leadership dell’esercito considerasse impensabile la resa, e avrebbe voluto continuare la guerra anche dopo aver subito l’inimmaginabile devastazione delle bombe nucleari, ormai da diversi mesi il Consiglio Supremo per la Direzione della Guerra, l’organo composto dai ministri e dai generali più importanti che decideva le strategie belliche, prendeva in considerazione l’ipotesi di una soluzione diplomatica alla guerra. Ma le condizioni poste dagli Alleati a Potsdam, che prevedevano la cessione delle colonie, il disarmo dell’esercito e l’occupazione statunitense, erano giudicate da tutti irricevibili. Il Giappone era entrato in guerra a fianco della Germania nazista spinto dall’impeto imperialistico sviluppato nei primi decenni del Novecento, e desideroso di ottenere il controllo dell’Asia orientale e del Pacifico

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