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Farmaco di Ascierto bocciato dall’Aifa, il professore: “Funziona e vi dico anche quando la cura è efficace” Attualità Primo piano 

Farmaco di Ascierto bocciato dall’Aifa, il professore: “Funziona e vi dico anche quando la cura è efficace”

Dopo le smentite ufficiali arrivate da uno studio coordinato da Reggio Emilia e reso noto dall’Aifa, secondo cui il tocilizumab non avrebbe effetti sui pazienti affetti da Covid-19 meno gravi, arriva puntuale la replica di Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di oncologia melanoma, immunoterapia oncologia e terapie innovative dell’Istituto tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli.

“Sarei cauto nell’affermare che questo farmaco non funziona, a causa di una serie di limitazioni che riguardano lo studio in questione, che è giunto a conclusioni già note, su pazienti non gravi. Nei pazienti con forma più severa, il tocilizumab funziona e noi lo stiamo dimostrando” ha spiegato il dott. Ascierto, noto alle cronache in questi mesi di emergenza per essere stato il primo ad utilizzare il farmaco anti-artrite reumatoide per trattamento la polmonite interstiziale da coronavirus.

“C’è una serie di punti da notare – sottolinea Ascierto – innanzitutto parliamo di due studi, il nostro ‘Tocivid-19’ e quest’ultimo, che arruolano due categorie di pazienti diversi. Nel trial emiliano i pazienti vengono trattati in una fase precoce e in una situazione più lieve, rispetto allo studio Tocivid-19. Ancora, nello studio emiliano per definire la risposta infiammatoria il paziente doveva corrispondere a una sola di queste tre situazioni: una misurazione della febbre al di sopra di 38° C negli ultimi 2 giorni, l’incremento della Pcr di almeno due volte il valore basale, oppure una Pcr sierica maggiore o uguale a 10 mg/dl. In pratica il paziente poteva anche solo avere avuto la febbre. Infine, i risultati riguardano 123 pazienti (anzi, la metà sono quelli effettivamente trattati essendo uno studio randomizzato): una coorte di sicuro piccola rispetto al Tocivid-19, che viene condotto su 330 pazienti, ma con una coorte osservazionale di oltre 2.500 pazienti”.

“A un mese nel nostro studio è stato ottenuto un tasso di letalità del 22,4%, quindi un risultato superiore del 10% rispetto a quanto prospettato. A 30 giorni l’impatto del tocilizumab c’è, e un altro piccolo studio retrospettivo dell’università del Michigan su pazienti gravi dimostra esattamente quello che abbiamo visto noi. Detto questo, il dato negativo su pazienti lievi già era stato evidenziato da uno studio di Sanofi Regeneron reso noto il 27 aprile: era stato affermato che il sarilumab, un analogo del tocilizumab, non funziona nelle fasi precoci, ma funziona in pazienti più seri. Tra l’altro la mortalità osservata in questo studio a 30 giorni è stata del 3% circa, indicando che si tratta di una popolazione selezionata a prognosi più favorevole”.

“La chiave sta tutta nella tempesta citochinica: se non c’è, il farmaco non funziona. Questo medicinale, in fondo, viene studiato proprio per trattare questa complicanza e non serve per prevenirla. Ci sono altri farmaci che, somministrati in fase precoce, possono avere effetto per prevenire, come i Jak inibitori, che vengono dati attualmente insieme al cortisone: hanno l’abilità di non scatenare la tempesta citochinica. Infine, nel report Aifa c’è scritto chiaramente che è possibile che selezionati sottogruppi di pazienti possano avere una migliore risposta al farmaco. Gli studi di fase 3 in corso ci daranno informazioni in più”, conclude il dott. Ascierto.

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