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Covid 19, iniettato in Italia il primo vaccino Attualità Italia e Mondo Primo piano 

Covid 19, iniettato in Italia il primo vaccino

Al via oggi la sperimentazione del vaccino italiano: allo Spallanzani
La prima dose del vaccino italiano è stata inoculata all’ospedale Spallanzani di Roma. “Sono molto soddisfatto e orgoglioso di questo” ha detto Francesco Vaia, direttore sanitario della struttura, ai microfoni della Rai. Si tratta della fase 1 del vaccino, che serve a verificare se la dose dia o meno effetti collaterali, e soprattutto se è immunogenica, ossia “capace di produrre all’interno dell’organismo la creazione di anticorpi“. Anticorpi che “devono essere capaci di bloccare la replicazione virale”. Presenti all’avvio dei test il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato e i vertici dell’Istituto per le malattie infettive della Capitale, eccellenza nella lotta al nuovo coronavirus.
Per quel che riguarda le mosse future e i tempi di produzione, i volontari sottoposti alla sperimentazione saranno osservati per 12 settimane, fino all’autunno. Poi partiranno la seconda e la terza fase, che prevedono “la sperimentazione nei Paesi dove la virulenza è molto più alta rispetto all’Italia, come il Brasile o il Messico“. Il vaccino anti-Covid, è stato prodotto dall’azienda Biotech Reithera di Castel Romano e finanziato con 8 milioni di euro dalla Regione Lazio e dal ministero della Ricerca con il Consiglio Nazionale delle Ricerche. A distanza di quattro giorni si prevede di somministrare il vaccino ad altre due persone, poi ad altre quattro e così via a un numero crescente di volontari, fino ai 90 previsti in questa fase 1. I primi a ricevere la dose di vaccino saranno cittadini con meno di 55 anni: solo in un secondo momento toccherà agli over 65. Secondo il protocollo stabilito dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) i 90 volontari sono organizzati in due gruppi: una di 45 individui sani di età compresa tra 18 e 55 anni e una di 45 individui sani di età compresa tra 65 e 85 anni. Ogni gruppo è diviso in tre sottogruppi di 15, ciascuno dei quali riceverà tre dosi crescenti. I test finora condotti sui topi indicano che il vaccino è in grado di stimolare sia la produzione di anticorpi neutralizzanti, sia la riposta delle cellule immunitarie chiamate linfociti T killer, capaci di riconoscere le cellule colpite dal virus.

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