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Codici: attivato un canale di assistenza speciale per la ludopatia Attualità 

Codici: attivato un canale di assistenza speciale per la ludopatia

Tra le attività condotte dall’associazione Codici ce n’è una che negli ultimi tempi ha registrato un aumento significativo delle segnalazioni. È l’assistenza alle vittime di ludopatia. La crisi economica innescata dalla pandemia ed il forte disagio sociale provocato dall’emergenza hanno colpito tanti cittadini, aggravando una situazione già precaria e delicata.“La ludopatia è un fenomeno purtroppo in espansione – dichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – ed è molto preoccupante perché nel vortice della dipendenza non viene trascinata solo la vittima, ma spesso anche i familiari e gli amici, e perché il ludopatico è una persona che rischia poi di sprofondare in una condizione di sovraindebitamento, con tutte le conseguenze che è facile immaginare. Abbiamo, quindi, deciso di intensificare la nostra attività di assistenza alle vittime di ludopatia ed abbiamo stretto una collaborazione con una validissima professionista, la dottoressa Elena Falda, in grado di fornire un aiuto prezioso alle persone in difficoltà”. Psicologa e psicoterapetua con anni di esperienza alle spalle, la dottoressa Falda ha attivato con successo anche la terapia online, che permette di seguire un percorso psicoterapeutico anche quando non è possibile raggiungere fisicamente il terapeuta, aspetto non secondario in questi tempi difficili segnati dalle restrizioni per il Covid. “Il Gioco d’azzardo Patologico – spiega la dottoressa Elena Falda – è classificato dalla American Psychiatric Association all’interno della categoria dei ‘disturbi non correlati all’uso di sostanze’ e rientra tra le cosiddette nuove dipendenze caratterizzate non dall’uso compulsivo di talune sostanze, come droga, alcool e cibo, ma piuttosto dal ricorso altrettanto compulsivo di alcuni comportamenti, come la dipendenza da sesso, l’eccessivo lavoro e la dipendenza da internet. Nello specifico, il gioco d’azzardo denota un malessere profondo ed è spesso la punta di un iceberg di sintomatologie ansiose o depressive. La persona che inizia a giocare in maniera compulsiva lo fa nel tentativo di fuggire da una realtà vissuta come troppo dolorosa. Non ci sono le risorse interne per tollerare la sofferenza che l’impatto con la realtà e con alcuni momenti di profonda difficoltà fanno emergere. Non appena la sofferenza, spesso sotto le sembianze dell’ansia, si manifesta, il soggetto mette in atto una fuga verso uno stato di euforia momentanea, l’esperienza dell’azzardo è spesso vissuta come inebriante, che viene cercata sempre di più con il ricorso compulsivo del comportamento patologico, il cosiddetto craving. Con compulsivo intendiamo dire che il gioco patologico prescinde dalla volontà cosciente del soggetto che sempre più sente l’impossibilità di mettere fine ad un comportamento dannoso dal punto di vista economico, sociale e relazionale. Ma perché le persone non si fermano prima di arrivare alla rovina? Il circolo vizioso che mantiene il comportamento dipendente nel caso del gioco è il chasing, cioè il tentativo di recuperare le perdite di danaro. Accade spesso, infatti, che vi sia una prima fase accompagnata da vincite anche rilevanti e il soggetto predisposto a diventare dipendente inizia a rincorrere altre vincite. Quando, però, comincia a perdere tende a non vedere la perdita come parte del meccanismo del gioco stesso, ma la attribuisce alla sfortuna ed è portato ad aumentare il rischio per ottenere illusorie vincite più alte. Siamo al punto in cui le perdite superano abbondantemente le vincite e comincia la fase in cui il giocatore si illude di recuperare il denaro perduto con un colpo di fortuna. Ecco che il gioco diviene l’unica possibilità per recuperare le perdite. Questo, in breve, il meccanismo che porta il comportamento patologico ad autoperpetrarsi. A questo si aggiunge spesso la difficoltà che la persona dipendente incontra nel cercare aiuto poiché il gioco d’azzardo è ancora oggi visto come un vizio, non una patologia. La persona si sente spesso impotente, cerca di mettere in atto strategie destinate al fallimento, e vive questa condizione con estrema vergogna.  Cosa fare in questi casi? Innanzitutto, chiedere aiuto perché, come detto, non si tratta di un vizio ma di una vera dipendenza contro la quale la forza di volontà da sola è destinata al fallimento. Se vi sono già stati tentativi fallimentari possono aver aumentato il senso di impotenza e di vergogna, ma questo fa parte del disturbo stesso e non della poca forza di volontà del soggetto. È importante essere consapevoli di questo per poter chiedere aiuto. Nel frattempo, in attesa di un aiuto, è importante che la persona stanzi un budget settimanale per il gioco e non lo superi”.

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