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Capaccio, sequestro da 16 milioni e sorveglianza speciale per Squecco Primo piano Provincia Provincia e Regione 

Capaccio, sequestro da 16 milioni e sorveglianza speciale per Squecco

Il Tribunale di Salerno ha disposto, su conforme richiesta della Procura della Repubblica di Salerno, Direzione Distrettuale Antimafia, la confisca di beni e assetti societari per un valore di circa 16 milioni di euro, nei confronti dell’imprenditore Roberto Squecco, 55 anni.

Il provvedimento è stato eseguito dalla Divisione Anticrimine della Questura di Salerno e dal Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato. Nei confronti di Squecco , già condannato anche per reati commessi per favorire il clan “Marandino”, nello scorso mese di gennaio è stata eseguita, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i reati di intestazione fittizia di beni, peculato, interruzione di pubblico servizio, favoreggiamento personale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, invasione di terreni ed edifici, riciclaggio, turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio ed altro, unitamente ad altri 10 indagati.

Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali, era stato eseguito un decreto di sequestro degli stessi di beni poi sottoposti a confisca, secondo una strategia di contrasto propria della Procura della Repubblica di Salerno e condivisa a livello nazionale, dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, che prevede un modello operativo innovativo, caratterizzato dallo svolgimento in parallelo delle indagini penali e di prevenzione antimafia.

L’esecuzione del provvedimento di confisca, estesa anche ad alcuni cespiti situati in Romania, ha comportato, per la prima volta nel nostro Paese, l’attivazione della procedura introdotta dal nuovo Regolamento (Ue) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 (entrato in vigore il 19 dicembre 2020), per il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

In particolare, il Tribunale di Salerno ha riconosciuto nei confronti di Squecco manifestazioni di pericolosità sociale sia “qualificata” – in quanto indiziato di appartenere alle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p. (nello specifico al clan “Marandino”) e del delitto di cui all’articolo 512 bis c.p. (trasferimento fraudolento di valori) – che “generica”, in quanto soggetto che vive abitualmente con i proventi di attività delittuose.

Squecco è considerato soggetto socialmente pericoloso sin dalla seconda metà degli anni ’90. Risalgono a quel periodo, infatti, le denunce per truffa, ricettazione, violazione delle norme tributarie, traffico di carte clonate, nonché le operazioni di distrazione di beni e capitali poste in essere in danno dei creditori delle società amministrate, formalmente o di fatto e poi dichiarate fallite.

Condotte per le quali Squecco ha accumulato un ingente capitale illecito, di oltre 3 milioni di euro, successivamente reinvestito in diversi settori imprenditoriali, e per le quali ha riportato due condanne per bancarotta fraudolenta.

Il provvedimento, inoltre, ha evidenziato, che negli anni 2012-2014, l’imprenditore salernitano ha manifestato anche una pericolosità sociale di tipo qualificato, derivante dall’appartenenza al clan camorristico “Marandino”; infatti, nel 2014, egli è stato tratto in arresto per partecipazione ad associazione di stampo camorristico facente capo a Giovanni Marandino e tentata estorsione aggravata, e successivamente condannato per tali fatti.

Squecco, nonostante i numerosi e incisivi provvedimenti giudiziari ed amministrativi, quali provvedimenti di interdittiva antimafia riguardanti la sua persona e le sue attività economiche, non ha mutato la propria condotta, reiterando i medesimi illeciti.

In tale contesto, anche grazie al reinvestimento dei proventi di reati tributari, ha, di fatto, continuato a mantenere il monopolio nei servizi delle onoranze funebri e del pubblico soccorso nei Comuni di Agropoli, Acerno, Capaccio, attraverso la creazione di nuove associazioni e società intestate a prestanome ovvero infiltrando imprese di terzi già attive, in modo da sfruttare, in maniera occulta, mezzi e licenze altrui, conseguendo, peraltro, un notevole arricchimento.

Il complesso sistema di fatturazioni per operazioni inesistenti veniva realizzato attraverso società cartiere operanti nel settore sanitario, che ha fruttato, solo nel periodo 2017/2019, introiti per circa 1 milione di euro, successivamente riciclati nelle casse delle Onlus a lui  riferibili.

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