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BOLLETTE A 28 GIORNI: IL CONSIGLIO DI STATO INVESTE DELLA QUESTIONE LA CORTE DI GIUSTIZIE UE Attualità Italia e Mondo 

BOLLETTE A 28 GIORNI: IL CONSIGLIO DI STATO INVESTE DELLA QUESTIONE LA CORTE DI GIUSTIZIE UE

Sul caso delle bollette a 28 giorni dovrà decidere la Corte di Giustizia Europea. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, pronunciandosi sul ricorso promosso da Wind-Tre, Tim, Vodafone e Fastweb contro le sentenze del Tar Lazio che avevano confermato la validità della delibera Agcom n. 121/17/CONS la quale, come noto, imponeva per la telefonia fissa la fatturazione su base mensile.
Ne dà notizia il Codacons, associazione dalle cui denunce è nata l’intera vicenda giudiziaria e che anche in questo giudizio dinanzi al Consiglio di Stato è intervenuta per contrastare le richieste dei gestori telefonici e difendere i diritti degli utenti.
Dalla sesta sezione del Consiglio di Stato (Pres. Giancarlo Montedoro, Rel. Francesco De Luca) arriva oggi una nuova batosta per gli operatori telefonici, con i giudici che hanno rigettato 6 delle 8 richieste presentate da Wind-Tre, Tim, Vodafone e Fastweb e confermato la correttezza dell’operato dell’Agcom – spiega il Codacons – Tuttavia su 2 motivi di ricorso il Consiglio di Stato ha deciso di investire la Corte di Giustizia Europea, al fine di giungere ad una corretta interpretazione delle disposizioni e dei principi unionali rilevanti ai fini della decisione dei motivi di appello.
Nello specifico i giudici di Palazzo Spada hanno chiesto alla Corte Ue di pronunciarsi in merito alla “sussistenza in capo alle autorità nazionali del potere di regolamentare la cadenza di rinnovo contrattuale e di fatturazione” e sulla compatibilità di tale potere con la corretta interpretazione delle Direttive Ue, nonché sulla “compatibilità delle misure di regolamentazione per cui è controversia con i principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione”.
Su tutti gli altri motivi di ricorso, invece, i gestori telefonici hanno ricevuto una netta bocciatura. Per il Consiglio di Stato, infatti, in merito alla presunta mancata partecipazione al procedimento denunciata dalle società, scrive nella sentenza:
“Tali forme di partecipazione risultano essere state rispettate nel caso di specie, tenuto conto che l’Autorità procedente, indicando le ragioni fondanti il preannunciato intervento di regolamentazione, ha posto in condizione i soggetti interessati, potenzialmente incisi dall’azione autoritativa in corso di svolgimento, di prendere posizione sulla opportunità di un intervento riformatore concernente, altresì, la cadenza di rinnovo delle offerte commerciali”.

Con un ulteriore gruppo di censure gli appellanti hanno contestato l’erroneità della sentenza di primo grado, per avere escluso l’idoneità dello ius supervenies, recato dall’art. 19 quinquiesdecies DL n. 148/2017 (convertito in legge n. 172/17), motivo di ricorso anche questo bocciato. “L’Amministrazione, nell’esercitare il pubblico potere, infatti, in applicazione del principio di legalità che governa l’azione autoritativa, è tenuta a conformarsi alla disciplina positiva vigente al momento in cui viene esternata la propria volontà dispositiva; il che è coerente, altresì, con il principio di irretroattività ex art. 11 disp. prel. c.c., che impone, salvo diversa previsione nella specie non riscontrabile, di applicare la legge soltanto per l’avvenire e, quindi, per la disciplina delle fattispecie, anche amministrative, non ancora realizzatesi al momento della sua entrata in vigore” – scrive il CdS.

Con altro gruppo di censure le parti appellanti contestano l’erroneità delle sentenze impugnate, per non avere ravvisato la contraddittorietà dell’azione di regolamentazione rispetto a precedenti determinazioni assunte dalla stessa Agcom
“La delibera n. 127 del 2017 è stata approvata dall’Autorità per adeguare il quadro regolatorio di riferimento a nuove prassi affermatisi presso taluni operatori economici di telefonia, non prese in esame con l’adozione delle delibere n. 623/15, 519/15 e 252/16, in quanto ancora non emergenti alla data di rispettiva approvazione – scrive il Consiglio di Stato – Invero, nel caso di specie emerge che, alla data di approvazione della delibera n. 121 del 2017 (15 marzo 2017), lo stato del mercato della telefonia mobile aveva subito una rilevante evoluzione delle prassi commerciali, con una progressiva modifica delle condizioni contrattuali riferite alla cadenza di fatturazione e di rinnovo contrattuale, per effetto di strategie imprenditoriali attuate dagli operatori di telefonia a far data del 2015 e proseguite nei due anni successivi; il che rappresenta una sopravvenienza fattuale giuridicamente rilevante”.

Con altra censura è stata contestata l’erroneità della sentenza di prime cure, per non avere il Tar ricondotto la fattispecie regolamentata dall’Autorità con la delibera n. 121/17/CONS alla materia delle pratiche commerciali scorrette. La censura è infondata. La delibera n. 127 del 2017 non regola pratiche commerciali scorrette, bensì disciplina la trasparenza informativa e il livello di qualità dei servizi offerti dagli operatori di telefonia.

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