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Accadde oggi: il 9 maggio 1978 la scoperta del cavadere di Aldo Moro in via Caetani a Roma Cronaca 

Accadde oggi: il 9 maggio 1978 la scoperta del cavadere di Aldo Moro in via Caetani a Roma

Accadde oggi: dopo un sequestro durato 55 giorni, il cadavere del presidente democristiano Aldo Moro viene ritrovato il 9 Maggio 1978, 45 anni fa,8 nel portabagagli di una Renault rossa che le Brigate Rosse avevano parcheggiato in via Caetani, a metà strada tra le sedi della Dc e del Pci.

La Renault è parcheggiata contromano, il muso rivolto verso via dei Funari, sotto una impalcatura metallica che protegge i lavori di restauro della Chiesa di Santa Caterina. Una vecchia macchina, impolverata, maltenuta, la vernice della carrozzeria in qualche punto è scrostata. (…)

C’è qualche istante d’irreale silenzio attorno a quella bara di metallo dentro la quale è rinchiuso Moro. Poi qualcuno si avvicina alla porta posteriore della macchina. Oltre a Cossiga, ci sono Bonifacio, Pecchioli. Un ufficiale di polizia alza un lembo della coperta di lana giallino: s’intravede la faccia di Moro, gli occhi semichiusi, la barba lunga, bianchissimo il collo della camicia. Da via delle Botteghe Oscure, chiusa al traffico, giunge un rumore di grida e imprecazioni. C’è gente arrampicata sulle macchine in sosta, abbarbicata alle inferriate dell’Istituto Pontificio di S. Lucia. C’è gente che arriva correndo, chiedendo notizie, premendo contro i cordoni dei reparti della Guardia di Finanza, della Polizia e dei Carabinieri. Arriva Gonella, e sembra piccolissimo, con le labbra tremanti. Arriva un vecchio sacerdote, la stola violetta gettata di traverso su una tonaca consunta, l’ampolla dell’olio santo tra le mani. Si chiama padre Damiani, è stato avvertito da due agenti di polizia che lo prelevarono nella sua chiesa di Piazza del Gesù. Sono le 14,45, padre Damiani traccia un segno di croce sulla fronte ghiaccia di Moro e gli impartisce l’assoluzione. Alle 15, a sirene spiegate arriva un’ambulanza dei Vigili del Fuoco mentre la folla ondeggia, preme pericolosamente e scoppia qualche piccolo incidente.

Bastano pochi minuti, poi l’ambulanza scortata dai mezzi della polizia, parte in direzione dell’Istituto di medicina legale dove avrà luogo l’autopsia. (…)

Una telefonata anonima pervenuta poco dopo le 13,30 al centralino della Questura aveva avvertito “In Via Caetani c’è un’auto rossa con il corpo di Moro”. Immediatamente scattava l’allarme, mentre nella zona, invasa da poliziotti e carabinieri, si diffondeva la voce che una bomba stesse per scoppiare. Il ritrovamento del cadavere è avvenuto poco dopo. Qualche minuto prima delle due, i segretari di tutti i partiti politici sapevano che il cadavere gettato nel portabagagli della Renault targata Roma N56786 (una vecchia targa che era appartenuta a un’Alfetta dell’Ati e che era stata restituita un anno prima all’Ufficio della Motorizzazione di Napoli) era quello di Aldo Moro.

Via Michelangelo Caetani è una strada molto frequentata, in cui è estremamente difficile trovare posto per parcheggiare: è possibile quindi – e lo confermano alcune testimonianze – che la macchina sia stata portata sul posto nelle prime ore del mattino, tra le 7 e le 8. E lì lasciata, con il suo tragico carico, fino a quando gli assassini hanno ritenuto opportuno avvertire. In un angolo del bagagliaio, dalla parte dov’è sistemata la ruota di scorta sulla quale poggiava la testa di Moro, c’erano anche le catene da neve, e qualche ciuffo di capelli grigi. Ai piedi del cadavere c’era una busta di plastica contenente un bracciale e l’orologio. Il corpo dello statista, quando è stato estratto dagli artificieri, era ripiegato e irrigidito. Indossava lo stesso abito scuro che aveva il giorno del rapimento, un abito blu, con la camicia bianca a righine, e la cravatta ben annodata. L’abito era macchiato di sangue; sul petto di Moro erano stati premuti alcuni fazzoletti per impedire che il sangue sgorgasse dalle ferite. Nei risvolti dei pantaloni è stata trovata una notevole quantità di sabbia o terriccio.

La morte risaliva certamente a molte ore prima, forse all’alba del giorno prima forse addirittura al pomeriggio del giorno precedente. Sotto il corpo e sul tappeto della Renault c’erano alcuni bossoli di proiettile 7,65 o 9 corto. La presenza dei bossoli faceva pensare, in un primo momento, che l’esecuzione fosse avvenuta all’interno stesso della macchina, ma i primi rilievi, effettuati in serata all’istituto di medicina legale, sembrano suggerire una sequenza se possibile ancora più spietata e agghiacciante. Moro indossava la canottiera e la camicia, non aveva le scarpe. Tracce di sabbia erano state trovate infatti non soltanto nel risvolto dei pantaloni ma anche sui calzini, mentre le scarpe appaiono pulite.
I killers avevano poi trascinato il cadavere su un terreno sabbioso e con qualche ciuffo di vegetazione: piccole spighe d’erba di campo – i cosiddetti forasacchi – sono rimasti infatti impigliati nei calzini. Poi, gli assassini lo hanno rivestito, con il gilet, la cravatta la giacca; gli avevano infilato le scarpe. Avevano recuperato i bossoli gettandoli all’interno della vettura, e dal luogo della feroce esecuzione si erano avviati fino al centro di Roma, fino alla strada – non certo scelta a caso – a poche decine di metri dalla direzione comunista e da quella democristiana, quasi un macabro avvertimento.

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