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Accadde oggi: il 2 dicembre del 1994 inghiottita dal mare somalo la gloriosa nave da crociera “Achille Lauro” Attualità 

Accadde oggi: il 2 dicembre del 1994 inghiottita dal mare somalo la gloriosa nave da crociera “Achille Lauro”

Accadde oggi: era il 2 dicembre 1994 quando la gloriosa nave Achille Lauro intitolata al celebre armatore che l’acquistò negli anni sessanta per trasformarla in nave da crociera, venne inghiottita dall’acqua a largo della costa somala per colpa di un incendio divampato a bordo.

Si salvarono tutti (più di mille fra passeggeri e membri dell’equipaggio) meno due: un anziano che ebbe un infarto e un signore olandese che, già imbarcato su una scialuppa, fu colpito da una trave caduta da non si sa dove. Un altro degli ospiti fu dato per disperso perché nonostante tutte le ricerche condotte dai membri dell’equipaggio non fu trovato né in cabina né altrove. La quarta vittima fu una signora che morì di blocco intestinale o renale mentre era già in vista della costa. Perdita non ascrivibile all’incidente.

Quella che era stata definita la più bella nave da crociera del mondo non aveva avuto una vita facile: una collisione al largo della Turchia con una nave da carico che si inabissò e altri 3 incendi a bordo prima di quello definitivo. È la sindrome tipica delle navi ristrutturate, e l’Achille Lauro lo era. Costruita in Olanda, prima di essere la splendida nave azzurra che tutti ricordano era stato un transatlantico.

Per giorni la televisione mandò le immagini riprese dagli aerei della nave che mandava una colonna di fumo tale da farla credere un’isoletta vulcanica. Poi, in pochi minuti, dopo che il potentissimo rimorchiatore inviato in soccorso decise di tranciare il cavo con cui la trainava da poppa, si rovesciò e finì a 5.000 metri sul fondale a 7 gradi e 14,1 primi di latitudine Nord e 51 gradi 19,8 primi di longitudine Est.

Come sempre in casi simili seguirono anni di processi che portarono dapprima all’assoluzione del capitano e di due suoi ufficiali, poi – quindici anni dopo – alla loro condanna a pochi anni, senza che la pena diventasse esecutiva. E senza che nessuno tenesse conto del fatto che un salvataggio senza panico, come quello che fu effettuato in mezzo all’oceano, poteva essere considerato una prova maiuscola di professionalità da parte di tutto l’equipaggio.

A generare questo seguito sgradevole furono soprattutto alcune voci intese a sostenere che quello dell’ “Achille Lauro” non fosse un evento casuale: qualcuno lo avrebbe creato ad arte per poter intascare l’assicurazione di 17 milioni di dollari (28 miliardi di lire. Di allora) stipulata dalla società armatrice.

Si parlò di un mandante che non fu mai trovato, mentre restano delle riprese amatoriali effettuate da membri dell’equipaggio da bordo di scialuppe o delle navi che li recuperarono, da cui risulta una fiammata a prora che difficilmente potrebbe essere connessa con l’incendio che si sviluppò per primo nella sala macchine, posta al centro dello scafo. In tutto i focolai furono tre, di cui per lo meno due sospetti.

Finiva così, con la consueta scia di polemiche, non solo una gloriosa regina dei mari, ma anche un periodo della storia d’Italia – quello d’ “O Comandante”, come veniva chiamato Achille Laur – che è ormai più lontano da noi di quanto sia il fondo su cui riposa la bella addormentata dalla superficie delle onde ne ne videro la fine.

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