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A Roccadaspide centro trasfusionale chiuso, il Comune accusa l’Asl Provincia Provincia e Regione 

A Roccadaspide centro trasfusionale chiuso, il Comune accusa l’Asl

L’Associazione Donatori Volontari di Sangue del Cilento lancia appelli ai donatori a causa dell’esiguità delle scorte negli ospedali e sul territorio. L’emergenza nei comuni della Valle del Calore e degli Alburni è “mitigata” dalla presenza di trecento donatori che, però, attualmente pur volendo donare il sangue non vengono messi nelle condizioni di farlo.

Il paradosso nasce il 15 dicembre 2021, quando viene chiuso il Centro Trasfusionale dell’Ospedale di Roccadaspide, centro che veniva raggiunto dai volontari ogni settimana. L’ambulatorio più vicino, ora, si trova a Vallo della Lucania, a chilometri di distanza dai comuni dell’entroterra cilentano. La notizia ha scosso gli animi dei volontari, sui social si susseguono gli appelli dell’associazione dei donatori che, per agevolare la raccolta di plasma, si è ritrovata ad organizzare dei pullman che da paesi come Felitto, Piaggine, Laurino e Campora arrivano a Vallo della Lucania. Un’idea necessaria eppure, purtroppo, non tutti i donatori riescono, in questo modo, a conciliare i tempi per la donazione, nettamente più lunghi rispetto a quando questa avveniva a Roccadaspide, con il lavoro e le altre esigenze.

Ciò che amareggia di più è che dietro tutti questi disagi, a quanto pare, ci sarebbe solo una grave disorganizzazione sanitaria e cioè il motivo che ha portato alla chiusura del Centro Trasfusionale: i locali in cui sorgeva l’ambulatorio sono stati sgomberati per permettere l’apertura dei cantieri per la realizzazione dell’Ospedale di Comunità per cui i lavori sono in corso. Tuttavia, il Centro Trasfusionale era stato trasferito in un’altra area del nosocomio rocchese. I locali, insomma, erano stati identificati. Le attività potevano riprendere immediatamente in quanto l’area  in questione, di circa 300 mq, presso l’ex cucina dell’ospedale di Roccadaspide, sarebbe stata perfetta per accogliere sanitari e donatori. Ma c’è un problema: quelle stanze andrebbero bonificate visto che custodiscono le cartelle dell’archivio dell’ex Usl 58. Basterebbe, dunque, trovare un deposito/garage eppure da dicembre a marzo nessuno si è preoccupato di liberare l’ex archivio degli anni Ottanta.

A nulla sono valse le tante istanze, più di cinque solo da settembre 2021 ad oggi, inviate a Giuseppina Arcaro, direttrice del Distretto Sanitario 69 Capaccio-Roccadaspide e a tutti i vertici sanitari di riferimento, dal direttore sanitario dell’Ospedale di Roccadaspide, Michele Carratù, che ha chiesto di ripulire l’ex cucina dell’ospedale per lasciare spazio al Centro Raccolta Sangue data anche l’emergenza registrata. A nulla è valsa anche la disponibilità dell’ente comunale di Roccadaspide di impiegare dipendenti e mezzi comunali per lo smaltimento del materiale da buttare presente nei locali. Né la direttrice Arcaro, né gli altri dirigenti hanno dato mai alcuna risposta. I cittadini si stanno rivolgendo ai sindaci pur di trovare una soluzione per donare il sangue a Roccadaspide, ma mentre gli ospedali implorano sacche di sangue, dal Distretto Sanitario 69 tutto tace.

“La situazione del Centro Trasfusionale rappresenta una delle tante omissioni dei dirigenti tenuti a organizzare la sanità per le aree interne. Questa non è altro che l’ennesima azione scellerata che penalizza i pazienti bisognosi di sangue, i donatori e la sanità. La situazione del Distretto Sanitario 69 Capaccio-Roccadaspide è paradossale: una struttura all’avanguardia è stata ridotta in poco tempo ai minimi termini. Ora ci ritroviamo un distretto in cui per alcune visite specialistiche le liste di attesa arrivano fino a 90 giorni. Per avere una buona sanità ci vuole poco: basta affidare gli incarichi dirigenziali facendo delle vere e proprie valutazioni annuali, anche alla luce della gestione degli incarichi precedenti, dei risultati conseguiti evitando le nomine di soggetti indicati per scelte politiche” ha affermato il vicesindaco di Roccadaspide, Girolamo Auricchio, in prima linea da decenni nella difesa del diritto alla salute degli abitanti delle aree interne cosiddette disagiate. E mentre dal Distretto Sanitario 69 continuano a non rispondere sono in tanti a chiedersi: “Se in caso di emergenza qualche paziente dovesse riportare conseguenze gravi o addirittura morire a causa della mancanza di sangue, data anche la carenza segnalata dalle associazione e gli appelli degli ospedali, chi ne risponderebbe? Si può rischiare così tanto a causa di un problema così piccolo che però, inspiegabilmente, non viene risolto?” domande a cui, al momento, come per le istanze firmate da Carratù, nessuno offre risposta.

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