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4 novembre: Mattarella: ‘Ribadire la via dell’Ue, nazionalismo portò alla guerra’ Italia e Mondo 

4 novembre: Mattarella: ‘Ribadire la via dell’Ue, nazionalismo portò alla guerra’

Bisogna “ribadire con forza tutti insieme che alla strada della guerra si preferisce coltivare amicizia e collaborazione, che hanno trovato la più alta espressione nella storica scelta di condividere il futuro nella Unione europea”. Lo dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Trieste. “Lo scoppio della guerra nel 1914 sancì in misura fallimentare l’incapacità delle classi dirigenti europee di allora di comporre aspirazioni e interessi in modo pacifico anziché cedere alle lusinghe di un nazionalismo aggressivo”.

Il Presidente della Repubblica ha deposto questa mattina all’Altare della patria a Roma una corona d’alloro al sacello del milite ignoto in occasione della ricorrenza del 4 novembre e della vittoria della Grande Guerra. Alla cerimonia stanno partecipando anche la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, il Capo di Stato maggiore della Difesa Claudio Graziano, il capo della polizia Franco Gabrielli.

Mattarella incontrerà stamani, in forma privata, alcuni dei sindaci di comuni colpiti dal maltempo dei giorni scorsi. Lo ha annunciato il Giornale radio Fvg della Rai. Il Capo dello Stato, si è appreso successivamente, incontrerà i sindaci in Prefettura, a Trieste, dopo la cerimonia per il 4 Novembre che si terrà in piazza dell’Unità d’Italia.

“Nessuno Stato, da solo, può affrontare la nuova dimensione sempre più globale. Ne uscirebbe emarginato e perdente. Soprattutto i giovani lo hanno compreso”, dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un’intervista al Corriere della Sera nel centenario della fine della Grande Guerra. “Oggi – afferma il capo dello Stato – possiamo dirlo con ancora maggior forza: l’amor di Patria non coincide con l’estremismo nazionalista”.

“Le democrazie hanno bisogno di un ordine internazionale che assicuri cooperazione e pace, altrimenti la forza dei loro stessi presupposti etici, a partire dall’ inviolabilità dei diritti umani, rischia di diventare fragile di fronte all’esaltazione del potere statuale sulla persona e sulle comunità”. E’ la riflessione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un’intervista in apertura di prima pagina al Corriere della Sera nel centenario della fine della Grande Guerra, e nella quale mette in guardia dall’ “estremismo nazionalista”. “Il 4 novembre 1918 – dice il presidente – è il giorno della piena conquista dell’Unità d’Italia, con Trento e Trieste, al prezzo di centinaia di migliaia di morti e di sofferenze immani”. Poi, “il fascismo fece propria e diffuse l’idea della guerra ‘generatrice’ della Patria, attraverso il sangue degli italiani”. E “l’esasperazione del nazionalismo fu posta alla base di una supremazia dello Stato sul cittadino, di una chiusura autarchica”, ma “oggi – afferma Mattarella – possiamo dirlo con ancora maggior forza: l’amor di Patria non coincide con l’estremismo nazionalista”, “l’amor di Patria – ripete – oggi è inscindibile con i principi della nostra Costituzione, che ne sono il prodotto e il compimento”. Il presidente dice di non temere ora “la ricomparsa degli stessi spettri del passato, pur guardando con preoccupazione a pulsioni di egoismi e supremazie di interessi”. E poi spiega: “l’Europa si è consolidata nella coscienza degli europei, molto più di quanto non dicano le polemiche legate alle necessarie, faticose decisioni comuni nell’ambito degli organismi dell’Unione Europea”. “A volte – prosegue Mattarella – questa interdipendenza appare a taluno come un vincolo”, “di fronte a una crisi, a un’insufficiente capacità di governo dei processi globali, si cerca nel focolare domestico la protezione dagli effetti dell’interdipendenza. Ma nessuno Stato, da solo, può affrontare la nuova dimensione sempre più globale. Ne uscirebbe emarginato e perdente. Soprattutto i giovani lo hanno compreso. Sono cresciute giovani generazioni che si sentono italiane ed europee”, conclude il capo dello Stato.

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