SI PARLA MOLTO DI CONSENSO NEI RAPPORTI IN MERITO AL REATO DI VIOLENZA SESSUALE: DI COSA SI TRATTA?
Su questo terreno di difficile trattazione, giunge il commento dell’avvocato Simone Labonia.
Di recente il legislatore italiano ha avviato un percorso di revisione della disciplina del consenso sessuale, con l’obiettivo di allineare l’ordinamento alle più mature elaborazioni europee in materia di tutela dell’autodeterminazione personale.
Le novità normative, pur ancora in fase di definizione e armonizzazione con l’impianto codicistico vigente, muovono verso un principio cardine: il consenso non è più solo assenza di costrizione, ma manifestazione libera, attuale e inequivoca della volontà della persona coinvolta nel rapporto.
Tradizionalmente, il reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) si fondava su condotte di costrizione fisica, minaccia o abuso di inferiorità psichica, ovvero sulla sorpresa o approfittamento di condizioni che rendevano la vittima incapace di opporsi.
L’attenzione, più che sul consenso, era posta sull’annullamento della libertà altrui tramite forme attive di coercizione.
Le recenti proposte, invece, introducono un cambio di paradigma: ciò che rileva penalmente è l’assenza di un consenso pieno, espresso e verificabile, considerando penalmente rilevante anche la mancata acquisizione o il fraintendimento colposo della volontà sessuale dell’altra persona.
Il modello, in parte ispirato alle linee del Consiglio d’Europa, enfatizza la necessità di comportamenti comunicativi chiari.
Non serve un “sì” formalizzato, ma un insieme di segnali che esprimano reale partecipazione.
Viceversa, silenzio, immobilità, paura, stato di forte vulnerabilità o shock emotivo non possono essere interpretati come consenso.
La riforma mira anche a chiarire l’ambito delle condotte colpose: l’agente non può invocare una pretesa “percezione soggettiva” del consenso se non ha adottato un comportamento diligente nell’accertare la volontà dell’altra parte. Questo sposta l’asse del giudizio dalla mera dinamica coercitiva alla relazione comunicativa tra le persone coinvolte.
L’obiettivo è duplice: rafforzare la tutela delle vittime, spesso esposte a condizioni in cui la costrizione non è manifesta, e promuovere una cultura della responsabilità e del rispetto nell’approccio ai rapporti sessuali.
In prospettiva, l’ordinamento sembra orientarsi verso un concetto di consenso non presunto, ma costruito in modo positivo e condiviso, ponendo l’autodeterminazione sessuale al centro della pratica e della norma penale.





