REATI E TELECAMERE!
Un recente articolo del nostro giornale, ha segnalato un tentativo di furto, ripreso da telecamere.
Puntualizziamo con l’avvocato Simone Labonia i limiti che impone la nostra normativa.
Le riprese delle telecamere di sorveglianza, in particolare quelle esterne, stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante nei procedimenti giudiziari, specie nei reati contro le persone e il patrimonio, come furti, rapine o atti di violenza. La loro validità come prova in tribunale è oggetto di un dibattito giurisprudenziale, che ha visto diverse sentenze della Corte di Cassazione chiarire i limiti e le possibilità del loro utilizzo.
Le telecamere di videosorveglianza, se correttamente installate e utilizzate nel rispetto della normativa vigente, possono costituire una prova legittima e valida in sede giudiziaria. In particolare, è fondamentale che le riprese siano acquisite nel rispetto del Codice della Privacy (D.lgs. 196/2003, aggiornato dal GDPR), il quale impone che l’installazione di tali dispositivi avvenga previa informativa ai soggetti interessati, mediante segnaletica visibile che indichi la presenza delle telecamere. Questo aspetto è essenziale per garantire che i dati personali, inclusi i volti ripresi, siano trattati in modo lecito e corretto.
Le sentenze della Cassazione hanno più volte confermato che le riprese effettuate in spazi pubblici o in aree esterne visibili al pubblico, come strade o piazze, non richiedono il consenso specifico delle persone riprese, poiché si tratta di luoghi in cui è ragionevole aspettarsi una minore aspettativa di privacy. Tuttavia, la Corte ha anche sottolineato l’importanza di non eccedere nella sorveglianza, rispettando il principio di proporzionalità, ovvero garantendo che il trattamento dei dati raccolti sia strettamente necessario per gli scopi di sicurezza per i quali le telecamere sono state installate.
Un altro elemento cruciale stabilito dalla Cassazione è la garanzia dell’autenticità e della continuità delle riprese. Le immagini devono essere acquisite e conservate in modo da evitare manipolazioni e alterazioni, per poter essere ritenute valide come prova. La catena di custodia delle riprese diventa quindi un elemento determinante per la loro accettazione in giudizio.
Infine, la Cassazione ha chiarito che le riprese delle telecamere esterne, pur essendo una prova preziosa, devono essere considerate insieme ad altri elementi probatori, come testimonianze o perizie tecniche, per poter fondare una decisione giudiziaria solida e imparziale.