Racket, droga e patto Camorra/’ndragheta: ecco tutti i nomi degli arrestati da Poggiomarino a Scafati, Pagani, Eboli e Nocera
Racket, droga, e una nuova guerra di clan nel Napoletano tra la cosca dominante e storica dei Fabbrocino e un gruppo criminale emergente a caccia di nuovi spazi. In questo scenario, portato alla luce da una inchiesta della Procura di Napoli e dei carabinieri – con 26 arresti, sequestri per 50 milioni e perquisizioni nelle province di Napoli, Salerno, Imperia, Cosenza, Ancona e Reggio Emilia – si innesca anche un patto tra camorra e ‘ndrangheta. Perché il clan riconducibile a Giuseppe Giuliano, detto «o’minorenne», acquistava droga grazie ai contatti con la ‘ndrina calabrese dei Pesce-Bellocco della Piana di Gioia Tauro. La droga era trasportata e custodita da incensurati insospettabili che utilizzavano furgoni per la distribuzione del caffè come copertura per trasferire grossi quantitativi di sostanza stupefacente.
Al clan storicamente già riconosciuto nell’area di Poggiomarino, riconducibile ad Antonio Giugliano noto come «o’savariello», si è contrapposta una nuova cosca dopo la scarcerazione del pregiudicato Rosario Giugliano, «o’minorenne», solo omonimo del capoclan. Storico sicario del clan Galasso, Giugliano è rientrato a Poggiomarino nel 2016 grazie ad alcuni permessi premio e poi ottenendo la liberazione al termine di una lunga pena. Da allora ha cercato occasioni e spazi per affermare l’autonomia di un nuovo clan. Alleandosi con i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’agro nocerino sarnese, in particolare con i Ferraiuolo di Pagani mentre, in virtù di legami con il potente clan Moccia di Afragola, ha rivendicato maggiori spazi operativi arrivando più volte allo scontro con il gruppo di Antonio Giugliano, retto dal figlio Giuseppe. Dall’inchiesta è emersa anche una fitta rete di spaccio di cocaina e marijuana, approvvigionata rispettivamente da esponenti del clan Formicola del quartiere di Napoli di San Giovanni a Teduccio, e dalla famiglia Batti. La vendita di droga avveniva mediante pusher anche nella Piana del Sele e nel Cilento e attraverso persone insospettabili come una guardia giurata, il titolare di una pizzeria o l’addetta presso una impresa di pulizie. La sostanza stupefacente, inoltre, era custodita soprattutto da donne e da minorenni. Rosario Giugliano, sottoposto alla sorveglianza speciale, aveva spostato l’asse dei suoi traffici illeciti a Pagani sfruttando anche il sostegno del figliastro Alfonso Manzella Alias zuccherino (neomelodico) condannato insieme a Nicola Liguori per il tentato omicidio ad Angri di Chiavazzo, che utilizzava le sue canzoni per reclutare nuovi membri del clan e lanciare invettive verso forze dell’ordine e magistratura. Altro settore nel quale il clan si era articolato era il riciclaggio di denaro sporco con l’acquisizione di quote societarie in numerose aziende fuori dai confini della Campania.