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Mercato S. Severino, Fase2 Covid: ristoratori in ginocchio. D’Ambrosi “Vogliamo vivere del nostro lavoro” Cronaca 

Mercato S. Severino, Fase2 Covid: ristoratori in ginocchio. D’Ambrosi “Vogliamo vivere del nostro lavoro”

Una ripartenza prevista prima il 18 maggio e poi, forse, spostata a giugno. È la sorte di baristi e ristoratori alle prese con una crisi economica complessa, soffocante, che sta mettendo a dura prova il lavoro di sempre, sta facendo consumare i risparmi di una vita. “Se non ci aiutano non ce la faremo”, da Mercato S. Severino – in provincia di Salerno si alza un grido di aiuto rivolto al Governo e all’Amministrazione comunale. È il grido di chi teme di non farcela, perché ad oggi le restrizioni sembrano cinture troppo strette, che tolgono il respiro.

“Non lavoriamo da più di due mesi, come facciamo a pagare le spese di prima?”. Sono le parole di Alfonso D’Ambrosi (nella foto a sx), titolare del ristorante “Dream In Tavula” e del Centro Ludico-Sportivo “Dream Soccer Park” che parla a nome di tantissimi ristoratori: porte sprangate da un mese, scorte finite nella pattumiera e migliaia di euro di mancati guadagni.
La Fase 2, che per i ristoranti è prevista tra il 4 e il 18 maggio, è una grossa incognita. “Di più, un salto nel vuoto”, dice Alfonso che non ci gira intorno e prende di petto il governo: due volte responsabile. La prima, per aver lasciato da sole le imprese e le famiglie in un momento drammatico, la seconda per la poca chiarezza intorno ai termini e agli adempimenti necessari per la riapertura, ancora sconosciuti. Scrivono le regole ma noi dobbiamo metterle in pratica. I tempi si accorciano ogni giorno che passa, così come la vita di un’impresa, appesa a un filo sempre più sottile. La saracinesca abbassata si traduce non solo in perdite ma anche in costi, affitti e bollette in primis, che vanno sostenuti a fronte di zero incasso – dice D’Ambrosi –. Realizzare delle ipotetiche barriere per il distanziamento sociale poi comporta spese, soldi che non ci sono e bisogna trovare”.
Pochi i ristoranti che potrebbero decidere di riaprire: “Nel caso in cui le regole dovessero essere troppo rigide molti resteranno chiusi – continua Alfonso –. Il calcolo è matematico: metà dei coperti, in una situazione psicologia e finanziaria già compromessa, significa impossibilità di coprire le spese”.
La stima del disastro è nei dati delle associazioni di categoria che parlano del 50% di aziende sul baratro, a un passo dal fallimento; la metà più debole subito, l’altra destinata a seguire entro la fine dell’anno. “Serve un’iniezione di liquidità diretta – continua Alfonso – e la pace fiscale per almeno un anno. I finanziamenti a disposizione sono, di fatto, preclusi alle aziende in difficoltà: una doppia beffa, è come se il governo dicesse se stai male, allora muori. Le tasse vanno sospese, come qualsiasi altro tipo di adempimento fiscale. Al Governo chiediamo solo una cosa: di poter vivere del nostro lavoro”.
Il problema, spiega l’imprenditore sanseverinese, è che “il mercato è ridotto ai minimi termini. Niente sarà più come prima, in particolare per chi, come me, ha impiegato tutte le sue risorse in ristorazione, sport e parco giochi per bambini, tutte attività ad alto contatto sociale. Avremo cali su cali e siamo preoccupati anche per la fase 3: ne vorremmo discutere, ma non vediamo previsioni e non sappiamo a chi rivolgerci”. Per i ristoratori “non è possibile aprire con le misure di cui parlano: il ristorante non è un ambulatorio, non ci si può andare con le mascherine e i camici. Piuttosto si tenga chiuso e si dia agli esercenti un paracadute per reggere le perdite”.

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