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Infedele patrocinio e truffa, avvocatessa nei guai Cronaca Primo piano 

Infedele patrocinio e truffa, avvocatessa nei guai

Infedele patrocinio, truffa e tentata truffa. Accuse di per se gravi. Ancora di più se rivolte a chi, di fatto, dovrebbe tutelare i cittadini. Ad un avvocato, anzi avvocatessa, neoeletta nel consiglio dell’Ordine. Capi di imputazione di cui ora la professionista dovrà rispondere dinanzi ai giudici dal momento che, per lei, il sostituto procuratore Roberto Penna ha chiesto la citazione in giudizio dopo aver segnalato l’indagine a suo carico proprio all’Ordine degli Avvocati.
A denunciare l’avvocatessa, sono stati i figli di una sua cliente. E lo hanno fatto dopo aver firmato una carta (forse con non poca superficialità ma sicuramente in piena fiducia del loro legale) con la quale si chiedeva loro un onorario di ottomila euro per un processo in Appello. Ma il documento riguardava anche la consegna del fascicolo originale che riguardava la madre e la rinuncia al ricorso in Cassazione. Ricorso, di fatto, da loro già incardinato attraverso un altro avvocato. E questo perché l’avvocatessa aveva fatto firmare loro un atto retrodatato. Ma procediamo per ordine.
Tutto ha iniziato qualche anno fa quando la professionista riceve nel suo studio il marito e i due figli di una ostetrica chiamata in giudizio, in Corte d’Appello, dalla clinica per la quale lavorava e da un ginecologo con cui collaborava. La donna era stata assolta in primo grado dall’accusa di lesioni nei confronti di un bimbo salernitano che, all’atto della nascita, aveva subito un parto traumatico che gli aveva causato delle malformazioni. Erano stati invece condannati la clinica e il ginecologo ai quali i giudici avevano anche imposto il pagamento di un risarcimento danni solidale di 900mila euro. Dinanzi a questa sentenza i due imputati proposero Appello, tirando in ballo nuovamente la ostetrica: una condanna per la donna, difatti, avrebbe significato la divisione del risarcimento in tre e non in due parti. In Appello l’ostetrica viene condannata. I parenti tornano nello studio della avvocatessa e chiedono di preparare un ricorso in Cassazione ma lei non lo consiglia. Si fa versare 1.500 euro per l’onorario e decide di chiudere così il fascicolo. Ma loro non demordono e si rivolgono ad un altro professionista. Dopo una serie di ritardi da parte della avvocatessa indagata nella consegna del fascicolo al collega, finalmente questi riesce a preparare il ricorso. Nell’ultimo giorno di scadenza. Passa altro tempo, il marito della ostetrica muore, e i due figli vengono convocati nello studio dell’avvocatessa. Qui viene detto loro che devono firmare una lettera per l’avvenuta consegna dei documenti inerenti la situazione della madre e la loro rinuncia al ricorso in Cassazione. I due, presi un po’ alla sprovvista e ancora pieni di fiducia nel loro ex avvocato, firmano. Solo dopo, quando la professionista chiede solo 8mila euro, si rendono conto che, di fatto, hanno firmato tutt’altro e che l’atto, in cui l’aggiunta della consegna dei documenti è fatta a penna, riguarda il pagamento dell’onorario della stessa. Onorario che loro credeva di aver liquidato con i 1.500 euro. Dopo un po’ di discussione le danno un acconto di 4mila euro e si rivolgono ad un altro avvocato che consiglia loro di presentate la denuncia. Di qui l’inchiesta e la citazione diretta a giudizio. (fonte: ilmattino.it)

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