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Il bar della speranza chiuso dai burocrati a Battipaglia Primo piano Provincia e Regione 

Il bar della speranza chiuso dai burocrati a Battipaglia

C’era una volta il “Caffè 21 Marzo”. Era il «bar della speranza », come l’aveva definito don Luigi Ciotti, fondatore di “Libera”, quando nel 2015, sotto il sole rovente di una mattinata di inizio luglio, venne a Battipaglia, a via Gonzaga, per il taglio del nastro. C’è chi dice che la speranza è l’ultima a morire, ma a volte, per ucciderla, basta la burocrazia. Lo sanno bene gli ex detenuti che in quel bar, nato in un immobile confiscato alla camorra, avevano trovato un posto di lavoro, una speranza per ricominciare, un sogno per una nuova vita. E lo sanno pure i ragazzi che gestivano il locale: sono gli attivisti di “Libera”, gli scout del gruppo Battipaglia 1, i soci di “Back to life”, di “Mariarosa”, di Legambiente e della coop “Lazzarelle”, che s’erano federati nell’associazione “P’o ben r’o Paes”, e che il 20 aprile scorso, dopo tre anni di attività, si sono visti costretti a tirare giù le serrande e a lasciare tutto. Chiusi per burocrazia: erano scaduti infatti i tempi dell’affidamento triennale, sancito da quei tre commissari straordinari che a Battipaglia, manco a dirlo, erano arrivati dopo uno scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche. E a Palazzo di Città, negli ultimi mesi, ci sarà stato così tanto da fare da non poter neppure pensare di predisporre per tempo il nuovo bando per l’affido dei locali confiscati alla camorra.

Il bando fotocopia. L’agognato avviso è stato pubblicato solo ai primi di giugno. Stavolta sono mutati i tempi previsti per la durata dell’affidamento, che passano da tre a sei anni, ma si tratta dell’unica novità rispetto al 2015: per il resto, le sudate carte del 2018 sono un avviso fotocopia, tant’è che pure il numero di ore di formazione dei collaboratori e dei volontari, che le associazioni avrebbero dovuto presentare a corredo della domanda, avrebbe dovuto far riferimento alle annate 2012 e 2013. Le candidature andavano protocollate entro l’11 luglio, e alla fine ne è arrivata soltanto una: è quella della cooperativa “Freedom”, costituita dagli stessi ragazzi di tre anni e mezzo fa.

Il fallimento e la farsa. Bando scaduto da quasi quattro mesi, ma della determina d’assegnazione non c’è ancora traccia. Inizialmente c’era chi pensava che i ritardi fossero causati dal caldo, visto che a Palazzo di Città, tra luglio e agosto, i comunali hanno lavorato a mezzo servizio, soltanto di mattina, a causa dell’afa. Sono passate le stagioni, ma le saracinesche restano ancora chiuse. «C’è chi, a questo punto, crede che il bar sia fallito – tuona il referente cittadino di Libera, Angelo Mammone – ma in realtà è l’amministrazione guidata dal sindaco Cecilia Francese che ha fallito, dimostrando scarsissima sensibilità sulla tematica, anche perché una chiusura di sei mesi annulla la fase di start-up e ci mette in seria difficoltà».

Gli orti sociali nella palude. Pure gli attivisti del circolo “Vento in Faccia” di Legambiente attendono cenni dalla giunta per quel che riguarda gli orti sociali di via Parmenide, suoli confiscati ed affidati al “cigno verde” nel 2015. A maggio scadeva tutto, ma l’affidamento è rinnovabile: «Gli uffici hanno preparato tutto – fa sapere il presidente del gruppo, Alfredo Napoli – ma attendiamo che la giunta dia l’ok al rinnovo del contratto; abbiamo le carte in regola, quindi non so perché non ne discutano». Coi fondi del “Consorzio La Rada”, invece, dovrebbe aprire i battenti a breve il social market di via Belvedere, affidati ad aprile 2017.

Il record confische. A Battipaglia c’è un bene confiscato ogni 450 metri quadri: 124 im- mobili sottratti ai clan, ma i decreti di destinazione sottoscritti dall’Anbsc, l’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, sono soltanto 45. Troppo pochi. L’altra sera il Consiglio comunale ha preso atto dell’assegnazione di una villetta a via Moncharmont, che finora accoglieva i mormoni, ed un appartamentino a via Monfalcone: locali confiscati all’ex geometra municipale Fernando Ferrara. Dovrebbero ospitare un centro per la disabilità ed uno sportello antiviolenza. Burocrazia permettendo, ovviamente. Fonte: La Città di Salerno

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